Ethica et Oeconomia

Se la tua vita è ingabbiata da un lato oscuro non preoccuparti: lascia entrare Dio e la luce tornerà

Quando si lascia entrare Dio nel subconscio, si illuminano le ombre e le oscurità brillano​. È difficile nuotare contro corrente, essere fedele all’originale senza perdere l’identità nella massa. Diceva padre Josef Kentenich: “Quante iniziative vanno male perché la pressione della massa è troppo forte e si ha ben poca audacia! Perché manca il coraggio di nuotare contro corrente. Di lottare per la vera libertà”. 

Gesù mi ama per come sono. Con ciò che sento e che soffro. Vuole che io sia me stesso, senza rinunciare a ciò che è più tipico della mia anima. Vuole educare il mio cuore perché arrivi ad accettare con pace le mie tentazioni e quei sentimenti che mi sorprendono. Sentimenti a volte ingiusti o che mi fanno male. Ma debbo riconoscerli e offrirli. 

Magari il Signore li cambiasse con i suoi. Magari mi facesse di nuovo, pulisse la mia anima e mi restituisse lo sguardo puro di quegli occhi di ieri…

Dio deve entrare lì, nel più profondo della mia anima. In ciò che amo e in ciò che soffro. In quello che odio con vergogna. In quello che mi ferisce e che mi costa perdonare. Nei mie complessi che mi mettono sulla difensiva. In ciò di cui mi pento e in quello che malgrado tutto rifarei. In quella scatola nera che va registrando la parte della mia vita che percepisco e non controllo.

Mette nella mia anima tante cose che non vedo passando, cose che a volte non comprendo o che non vedo con obiettività. Cose che poi mi pesano e segnano le mie reazioni e i miei sentimenti più costanti.

Lì voglio che entri Gesù, nel più profondo, nell’aspetto più vero. Voglio che riempia tutto con la sua luce. Voglio farlo entrare. Farlo è una prova importante. Perché si illuminano le ombre e le mie oscurità brillano.

Diceva padre Kentenich: “Se i sentimenti non si purificano, se non li piego fino all’estremo, non possiederò mai l’equilibrio necessario per essere obiettivo”.



Un po’ sì, ma totalmente obiettivi non lo saremo mai. Guarderemo sempre la vita con il colore della nostra anima, e la percepiremo in base alle nostre ferite. Perché in esse trovo la mia povertà e la mia ricchezza.

E da lì guardo la vita, la giudico e la interpreto. Con quello che detesto e quello che amo. Con ciò che soffro e che desidero. Con il mio io più vero. Ma è bello pensare che non posso lasciarmi trasportare continuamente da quello che sento. Devo imparare a prendere un po’ di distanza per osservare la vita e giudicarla in base a Dio. Accettare ciò che provo. Decidere con il mio cuore ferito. Offrire tutto. Senza lesinare.



Redazione Papaboys (Fonte Aleteia)
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