Il Sinodo ha introdotto significativi dubbi all’interno della comunità cattolica e dello stesso clero. Abbiamo voluto intervistare Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Bruno Forte per chiarire meglio alcuni concetti.
Ai magistrati civili passano gli atti dei processi canonici, questa è in termini semplicistici la svolta storica che Papa Francesco ha dato al Vaticano pochi giorni fa abolendo il segreto pontificio. Alcuni genitori tra quelli dei ragazzi abusati dai sacerdoti, dichiarano che questa è una svolta non del tutto completa, dicono infatti che “Finché non ci sarà l’obbligo di denuncia da parte dei religiosi che vengono a sapere di abusi, praticamente non cambia nulla”. Quindi secondo Lei è una svolta parziale o totale?
È certamente importante perché rende accesso a tutto ciò che fino ad ora era coperto dal segreto pontificio e che ora può essere utile a sviluppare un’indagine e a mettere in piedi un processo adeguato.
In realtà è necessario che si tengano presenti gli aspetti complessi e delicati delle vicende perché va tutelata la dignità della vittima e dei suoi cari e va promossa l’opera di conversione e rieducazione del colpevole.
Tutto questo esige di agire con delicatezza e attenzione alle persone senza peraltro minimamente voler coprire alcunchè.
Pensa che si debba lavorare ancora molto su questa vicenda degli abusi e che quindi questo sia solo un punto di partenza, oppure siamo al punto di arrivo?
È una strada che viene aperta in maniera più ampia e che può produrre frutti di chiarezza più netti come è nel desiderio del Papa.
Tra i genitori delle vittime, c’è anche chi si chiede – in quanto non specificato nell’atto del Papa – come si procederà qualora non si dovesse avere effettivamente accesso agli atti, dopo la richiesta delle vittime? Lei pensa che sia possibile una cosa del genere?
Non ci può essere questo divieto perché è contrario alle disposizioni del Papa ed in caso di resistenze è importante fare ricorso alla Santa Sede.
Il sinodo apre ai preti sposati, ora la parola finale spetta a Papa Francesco. Lei come vede questa rivoluzione vera e propria della Chiesa?! Pensa che con questa apertura non si confonda ancora di più la famiglia e le relative figure: materne e paterne?
In primo luogo va tenuto presente che nella Chiesa Cattolica di rito orientale esistono preti sposati, dunque il caso particolare che vale per i cattolici orientali sarebbe esteso ad altri casi particolari e nello specifico alle realtà dell’Amazzonia che sono spesso isolate e difficilmente possono essere servite da sacerdoti che le raggiungono.
Dunque si tratterebbe di estendere ad un’altra situazione di bisogno quello che di fatto già avviene nella prassi orientale.
Si parla anche di un documento finale del sinodo in cui si sollecita perfino il diaconato femminile, anche se su questo punto si attendono ancora gli esisti della Commissione di studio creata dal Papa nel 2016. Lei pensa che potrebbe essere una svolta positiva eguagliare il ruolo dell’uomo nella Chiesa e quello della donna?
Il semplice trasferimento di modello maschile di ministero alla donna non credo sia rispettoso dello specifico dell’identità femminile.
Quello che vedrei è la realizzazione di ministeri che siano corrispondenti alle singolari attitudini della donna ad esempio un ministero delle “paraklesis”, della consolazione, ovvero che possa impegnare chi lo riceve all’ascolto e al sostegno di situazioni di sofferenza e di difficoltà a casa.
La donna dimostra di avere una capacità di attenzione e di prossimità che spesso l’uomo non ha.
Lei pensa che la mancanza di vocazioni nella Chiesa da parte dei giovani sia dovuta alla mancanza del vero ruolo della famiglia, al problema degli abusi e della pedofilia che dilagano?
In primo luogo la cosiddetta ‘crisi delle vocazioni’ è un fenomeno ristretto ad alcune aree socio culturali, come l’Europa ed il nord America perché in altre si registra un aumento perfino consistente di vocazioni come in Asia. Questo ci fa capire che l’accoglienza di una proposta radicale di offerta della vita al servizio di Dio e degli uomini è condizionata dai contesti: l’edonismo ed il consumismo rampante dei paesi del nord del mondo non favoriscono certo la scelta di una vita di sacrificio motivata dall’amore, dalla bellezza e dal dono di sé ai più deboli e ai più poveri.
Dalla sua elezione e dai primi passi mossi dentro le mura vaticane, Papa Francesco non è ben visto dai cattolici, diversamente è amato dai non credenti. Lei ritiene che oltre all’ammirazione sia riuscito ad ottenere anche molte conversioni?
Il compito che Gesù ha affidato alla Sua Chiesa è quello di evangelizzare. La conversione e la salvezza dipendono dalla libertà della persona che accolga o rifiuti il Vangelo.
Non c’è dubbio che questo Papa è un grande evangelizzatore ed il suo annuncio fatto con le parole e con i gesti è rivolto a tutti, ma il frutto di esso dipende da chi lo riceve.
Certamente il messaggio di Papa Francesco è esigente e delle volte si esprime nella forma del rimprovero: questo può non essere gradito a tutti, ma occorrerebbe andare al positivo che c’è anche in un rimprovero e che è il desidero di proporre la sequela di Gesù senza compromessi.
Pensa che i tempi che ci troviamo a vivere siano lo specchio di quanto predetto a Fatima un secolo fa?
Si, le apparizioni sono certamente un fenomeno degno di attenzione soprattutto quando producono frutti ampi di conversione,ma nella loro sostanza i messaggi che in esse vengono dati sono né più né meno che una ripresa del Vangelo.Di quel convertitevi perché il regno di Dio è vicino. Dunque ciò che va enfatizzato e valorizzato è il Vangelo. I fenomeni delle apparizioni, quelli naturalmente riconosciuti dalla Chiesa, vanno valorizzati per la ricchezza di profezia evangelica che ci trasmettono.