La forza della vita, supera ogni barriera. La vita vince. Nonostante la cultura dominate cerca di mettere a tacere la voce della speranza, i semi gettati nel solco delle coscienze portano frutti abbondanti. Il male, travestito da “libertà di scelta”, attacca. Sappiamo, -come ci insegna la Scrittura-, che non vincerà. Alla fine trionferà il bene, la Vita. Trascrivo l’esperienza di Giorgio Celsi, impegnato quotidianamente nella difesa prolife: “Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere”. (Gv. 3,20). Le pseudo femministe davanti alla Clinica, si divertono a fare puerile opera di disturbo, ingiuriando e diffamando chi regolarmente esprime il proprio pensiero. Lo fanno nascondendosi dietro i loro meschini cartelli. Se pensano che io mi faccia intimorire da lanci di torte e cartelli ingiuriosi si sbagliano di grosso. Qui è in gioco la libertà di espressione. Qui è in atto una battaglia tra il bene e il male. Mentre loro parlano solo di morte, io parlo di Vita. “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. Diceva George Orwell. Alla luce di questa significativa frase, visto la grave deriva etica e morale che stiamo vivendo, tutti siamo chiamati a dire la verità sull’aborto. Un giorno qualcuno ci chiederà conto dei nostri fratelli più piccoli e indifesi. E noi cosa gli diremo?”
Accanto alla lotta per la sopravvivenza, nascono i fiori della vita. Kenny, Kelsey, Natalie, Brandon, Alexis, Nathan e Joel, quattro maschi e tre femmine, sono i primi sette gemelli al mondo nati e sopravvissuti e che oggi compiono 16 anni. La madre, Bobbi, allora 29enne, si sottopose a un trattamento ormonale e la sua decisione, appoggiata dal marito Kenny McCaughey, di non abortirne nessuno fece il giro del mondo. Sopratutto quando all’ospedale di Des Moines, capitale dell’Iowa, i medici non lasciarono prospettive ai genitori: le probabilità di sopravvivenza di tutti e sette i bambini era pari a zero. Secondo lo staff dell’ospedale, Bobbi avrebbe dovuto abortire quattro piccoli per salvarne tre. «Quali?», chiese Kenny fra l’ironico e l’irato. «Quelli che vuole», rispose il ginecologo. «La mia risposta è nessuno», chiarì il padre. La discussione si chiuse così senza più riaprirsi, mentre ai giornalisti Bobbi spiegò: «Io sono la loro custode, non la loro assassina». I due coniugi dovettero subire accuse di integralismo fideistico, ma quando i gemelli nacquero (tutti e sette) e iniziarono a crescere nelle loro incubatrici fino ad arrivare a respirare autonomamente, nessuno osò più contraddirli. memorabile rimane il rimprovero che Kenny rivolse ad alcuni giornalisti che stazionavano all’esterno della clinica a caccia di qualche dichiarazione strappalacrime: «Questi sette bambini non sono un circo o uno show per la tv, sono i miei figli, che Dio mi ha dato perché siano allevati nel nome del Signore e amati. Grazie di tutto, ma ora tornate anche voi nelle vostre case».
Fu allora che intorno ai McCaughey si strinse tutto il paese. Ci si prodigò per donare alla famiglia una casa più grande della precedente e un concessionario gli regalò un furgone. Ai coniugi arrivarono scorte di pannolini per i primi due anni e 42 bottiglie di latte al giorno. Quando i gemelli crebbero, ottennero le prime borse di studio, anche se ai ragazzi papà Kenny insegnò da subito a lavorare, prima in casa e poi fuori. Il lavoro modesto di Kenny e quello di Bobbi, mamma a tempo pieno, non ha impedito ai ragazzi di essere contenti anche se «ipad e cellulari si usano solo quando necessario: la grande sfida è che stiano attaccati a ciò che vale, non alla moda», ha dichiarato Kenny. Come riportato dal Daily Mail, cinque dei ragazzi sono corridori, uno pratica il wrestling, uno gioca a calcio, mentre un altro si dedica alle gare di speech inglese. Brandon, finita la scuola, presterà servizio militare, mentre Kenny spera di lavorare nell’edilizia. Nathan sogna di diventare scienziato, Joel di lavorare nel settore informatico, Kelsey nella cosmesi, Alexis e Natalie di diventare insegnanti. «È passato tutto troppo in fretta», ha detto mamma Bobbi ora che i gemelli sono in una fase di transizione. Quella in cui i giovani americani devono decidere l’università che frequenteranno, a seconda delle disponibilità economiche e delle borse di studio rilasciate. Ma i sette McCaughey sono tutti sereni: «Non c’è nulla di cui preoccuparsi, perché non si è mai soli», ha detto Kenny Junior con la stessa sicurezza con cui Kenny senior rispose ai giornalisti 16 anni prima. Oggi suonano profetiche le parole che l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, volle rivolgere ai McCaughey: «Quando i vostri figli andranno a scuola voi sarete pronti a guidare qualsiasi compagnia americana, perché a a quel punto avrete dimostrato come essere i migliori manager d’America».
Laura del Prete afferma: “Per chi crede ancora che sia una soluzione , per chi crede ancora che sia un cumulo di cellule. La Vita è un dono inestimabile! Oggi questo annuncio si fa particolarmente urgente per l’impressionante moltiplicarsi ed acutizzarsi delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa è debole e indifesa. Alle antiche dolorose piaghe della miseria, della fame, delle malattie endemiche, della violenza e delle guerre, se ne aggiungono altre, dalle modalità inedite e dalle dimensioni inquietanti. Dove c’è un bimbo c’è gioia!” DonSa
La fonte della notizia sui sette bambini americani è ripresa da www.tempi.it
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