L’ondata di sfollati fuggiti da Qaraqosh e dagli altri villaggi cristiani della Piana di Ninive sotto la pressione militare degli insorti sunniti guidati dagli islamisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante ha assunto le dimensioni di una emergenza umanitaria. A Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno, la situazione critica è stata affrontata insieme dagli organismi di intervento internazionale e dalle iniziative assistenziali messe in campo dalle comunità cristiane. “Al momento” spiega all’Agenzia Fides il medico triestino Marzio Babille, responsabile Unicef per l’Iraq “nella sola Erbil hanno trovato rifugio in strutture pubbliche o comunitarie almeno 8mila sfollati provenienti dalla Piana di Ninive, che sono stati distribuiti in 19 punti di accoglienza, in buona parte concentrati nel sobborgo di Ankawa, abitato in prevalenza da cristiani. I primi arrivati apparivano letteralmente terrorizzati, dopo che la loro città era stata assalita a colpi di mortaio. Come Unicef fin dall’inizio dell’emergenza assicuriamo la distribuzione di servizi e beni di prima necessità, e in particolare abbiamo istituito due centri per l’infanzia, dove i nostri operatori si prendono cura quotidianamente di più di 700 bambini e bambine al di sotto dei 7 anni”.
A giudizio di Babille, almeno a Erbil la risposta all’emergenza umanitaria è stata sollecita e soddisfacente anche per il coordinamento tra istituzioni civili e comunità ecclesiali. Dal suo punto di osservazione, il responsabile Unicef per l’Iraq coglie un chiaro disegno politico dietro l’offensiva degli insorti sunniti e le reazioni da essa innescate: “Le zone attaccate” riferisce a Fides il medico triestino “vengono di fatto ‘ripulite’ dei gruppi etnici e religiosi minoritari. Non capita solo ai cristiani, ma anche ai turkmeni che sono dovuti fuggire dalle aree sudorientali del Kurdistan iracheno e sono bersaglio di attacchi mirati anche a Kirkuk. E’ evidente che si vuole riconfigurare la regione definendo le ‘aree’ dove i diversi gruppi possono o non possono vivere. Se si va avanti così, verrà meno ogni possibilità di mantenere una coesione nazionale basata sulla convivenza tra identità diverse. E i cristiani saranno tra le prime vittime di questa deriva”. Nei prossimi giorni una spedizione dell’Unicef proverà a raggiungere l’area di Sinjar, ai confini con la Siria, dove sono ammassati in condizioni drammatiche 70mila sfollati turkmeni, cristiani e sciiti fuggiti soprattutto dal distretto di Tal Afar davanti all’offensiva dei jihadisti dell’ISIL. “Sulla base delle nostre informazioni” spiega a Fides Babille “riteniamo che tra quei rifugiati, almeno 30mila potrebbero essere bambini e ragazzi” a cura di Francis Marrash