I ribelli sunniti in Iraq, guidati dalle milizie estremiste dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis, formazione jihadista legata ad al Qaeda), hanno conquistato la più importante raffineria petrolifera del Paese; si tratta dell’impianto di Baiji, a nord di Baghdad. L’area era sotto assedio da almeno 10 giorni, anche se l’esercito governativo era riuscito più volte a respingere gli assalti degli islamisti. L’impianto fornisce oltre un terzo del petrolio raffinato usato in tutta la nazione e la battaglia che si era scatenata attorno alla struttura aveva già causato un parziale razionamento. Intanto gli insorti hanno già ottenuto il controllo di una fascia importante di territorio a nord e a ovest di Baghdad, tra cui Mosul la seconda più importante della nazione. In queste ore è in atto l’assedio a una diga nei pressi di Haditha, strategica per la vita della nazione, e i guerriglieri hanno catturato tutti i valichi di frontiera con la Siria e la Giordania. Un portavoce dei ribelli sottolinea che il controllo della raffineria di Baiji, nella provincia di Salahuddin, fondamentale per i rifornimenti energetici a nord, fra cui Mosul, verrà ora assegnato ai rappresentanti delle tribù locali. E ha aggiunto che l’avanzata verso Baghdad “continua” inesorabile, così come riferisce una nota di asia news.
Nel corso di una visita a sorpresa in Iraq, il segretario di Stato americano John Kerry ha incontrato i vertici governativi, confermando un “sostegno intenso e prolungato” all’Iraq da parte degli Stati Uniti. Kerry ha incontrato il premier Nouri al-Maliki, sciita, e ha intrattenuto colloqui prolungati con esponenti di primo piano della comunità sciita e sunnita (minoranza nel Paese). Se i leader irakeni prenderanno le misure necessarie per mantenere unito il Paese, ha aggiunto il segretario di Stato, queste misure saranno anche “efficaci”. E rilancia l’invito a formare un governo che sia “inclusivo” – leggi dimissioni di al Maliki ed esecutivo di unità nazionale – di tutte le anime del Paese “il prima possibile”. Esperti di politica locale sottolineano che l’attuale Primo Ministro dovrebbe essere rimpiazzato da una o tre figure – a garanzia di unità nazionale – entro la prossima riunione del Parlamento, in programma il primo luglio. Al Maliki è al centro delle polemiche per aver concentrato i poteri nelle mani dei suoi alleati sciiti, escludendo i vertici delle minoranze sunnita e curda.
Nel frattempo si fanno sempre più forti le spinte autonomiste nella regione curda: in un’intervista alla Cnn il presidente curdo Massoud Barzani annuncia la prossima richiesta di “indipendenza formale” della regione, rispetto al resto del Paese. “È evidente che l’Iraq si sta sgretolando” avverte, “ed è altrettanto ovvio che il governo centrale o federale ha perso il controllo della situazione. Sta cadendo tutto, l’esercito, le milizie, la polizia”. “È giunto il tempo – avverte – per il popolo del Kurdistan di determinare il proprio futuro e la decisione del popolo è quello che ci accingiamo a sostenere”. a cura di Ornella Felici