Con un raid aereo sulla moschea di Tal Afar, nel Nord dell’Iraq, gli aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno eliminato Abu Alaa al-Afri, considerato il più accreditato successore di Abu Bakr al-Baghdadi alla guida dello Stato Islamico. Il vice del Califfo.
È il governo iracheno, in un comunicato del portavoce militare Tahsin Ibrahim, che fa sapere del riuscito blitz nel quale sarebbero stati uccisi «numerosi terroristi di Isis» che in quel momento si trovavano nella moschea per ascoltare al-Afri, il cui nome di nascita era Abdul Rahman Mustafa Mohammed.
Sulla testa di al-Afri il Pentagono aveva posto una taglia di 7 milioni di dollari e non si può escludere che sia stato tale premio a consentire alla coalizione alleata di sapere in tempo utile della sua presenza nella moschea. Con al-Afri ucciso, la successione di al-Baghdadi si riduce ad una corsa fra due candidati: Abu Ali al-Anbari, ex generale di Saddam Hussein, attuale guida della struttura militare di Isis e Abu Luqman, governatore di Raqqa. A decidere sarà il Consiglio della Shura e la designazione è stata annunciata entro la fine della settimana.
La necessità di indicare un vice-Califfo nasce dalle gravi condizioni in cui verserebbe al-Baghdadi, a seguito di un attacco aereo Usa che gli avrebbe causato serie lesioni alla spina dorsale con l’impossibilità di muoversi. Con al-Baghdadi gravemente ferito, al-Afri eliminato e nell’urgenza di incidare un vice-Califfo, Isis rivela una debolezza di leadership in una fase militare che la vede impegnata su più fronti: dall’offensiva nell’Anbar per catturare la città di Ramadi al tentativo di penetrare in Libano attraverso le montagne di Qalamoun.
Di Maurizio Molinari per La Stampa