E’ il più alto numero di civili fuggiti dall’inizio della riconquista di Mosul, l’operazione militare per strappare la parte Ovest della città ai jihadisti dell’Is (Daesh) è partita il 19 febbraio scorso e, finora, ha portato alla ripresa dell’aeroporto, di una base militare, nonché di alcuni sobborghi.
Chi fugge e arriva nelle località a sud di Mosul giunge esausto e disidratato, denuncia l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, che prevede, nei prossimi giorni, la fuga di altre 250mila persone. Ci auguriamo che la ripresa di Mosul avvenga nel minor tempo possibile, dichiara l’arcivescovo cattolico caldeo iracheno di Erbil, mons Bashar Warda:
“We hope and we pray that the operation of capturing Mosul will end soon …
Speriamo e preghiamo che la presa di Mosul si concluda a breve, anche se prevediamo che ci saranno difficoltà, in particolare nel momento in cui si dovesse entrare nella città e le tensioni saranno maggiori. Immagino che l’esercito sia consapevole di questo. Speriamo che, una volta finita questa operazione, possa iniziare la fase della ricostruzione di tutti questi villaggi e delle cittadine, e che il processo di riconciliazione, anche politica, possa ricominciare, per iniziare una nuova vita dopo due anni e mezzo”.
La diocesi di Erbil ha accolto molti dei cristiani fuggiti da Mosul, depredati di tutto, senza neanche i documenti…
“ When you speak with families who fled from Mosul, they’d tell you that …
Le famiglie che sono fuggite da Mosul raccontano delle tre condizioni [poste da Daesh]: la conversione all’islam, il pagamento di una tassa, la jizah, o il partire senza nulla. E in molti sono fuggiti con il nulla, solo con i loro documenti di identità, che venivano poi sequestrati dai vari check point istituiti dall’Is, e con i documenti anche le auto; li lasciano veramente senza nulla”.
Mons. Warda, come più volte nel passato, esprime il timore che non si faccia abbastanza per convincere i cristiani a restare nel Paese, la sua critica non risparmia neanche le autorità governative:
“If we don’t really act in a way of not just convincing Christians but really providing …
Se non operiamo in modo da fornire ai cristiani le circostanze per rimanere, non limitandoci solo alle parole nel tentativo di convincerli, credo che ancora più persone lasceranno il Paese. Il problema è che lo stesso governo iracheno non agisce in maniera volta a convincere i cristiani a rimanere. E non possiamo ignorare il fatto che esiste una forma di emarginazione dei cristiani e degli Yazidi. Tutti sono impegnati a combattere Daesh, ma combattere Daesh non significa dimenticare tutte le altre necessità del tuo popolo! Il governo dell’Iraq, invece, si sta concentrando su un unico argomento: combattere Daesh e sconfiggerlo”.
La presenza cristiana in Iraq è fondamentale, ribadisce mons. Warda, deve essere tutelata e a chiederlo sono anche i musulmani:
“ Christians are trusted people even among Muslims, and this would help, this diversity …
I cristiani sono persone fidate, anche per i musulmani, e questa diversità potrà essere d’aiuto alla società per ritrovare l’unità. E perfino i musulmani ti diranno: ‘Ci dispiace che i cristiani se ne vadano’. Nella stessa Mosul, tantissimi professionisti erano cristiani e avevano un ottimo impatto sulla società di Mosul. In molti ricordano l’età d’oro, quando studiavano nelle scuole cristiane. Ci sono moltissime richieste che vengono proprio da famiglie musulmane che vogliono mandare i propri figli nelle scuole cristiane … Penso che questa fiducia sia un dono di Dio che dobbiamo utilizzare per il bene dell’intera società”.
Fonte it.radiovaticana.va
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