In assenza di un esecutivo locale, sarà il governo britannico a introdurre in Irlanda del Nord i regolamenti attuativi sull’aborto entro il 31 marzo 2020. Per i presuli si tratta di una legge ingiusta ed invocano il diritto all’obiezione di coscienza
Isabella Piro – Città del Vaticano
Il 22 ottobre scorso, nell’Irlanda del Nord, l’aborto è divenuto legale, tramite l’approvazione del “Northern Ireland (Executive Formation etc) Act 2019”, una legislazione varata dal Parlamento britannico nel mese di luglio per estendere anche all’Irlanda del Nord alcune normative già in vigore nel Regno Unito, ma che Belfast non aveva ancora recepito, a causa dello stallo politico che non ha permesso la formazione di un nuovo governo. In assenza di un esecutivo locale, quindi, sarà il governo britannico a introdurre in Irlanda del Nord i regolamenti attuativi sull’aborto entro il 31 marzo 2020. Per questo, l’esecutivo di Londra ha avviato una consultazione, così da per definire tali regolamenti. A tale consultazione rispondono i vescovi cattolici locali, che già nei mesi scorsi si erano battuti affinché la nuova legge non venisse approvata.
“Si tratta di una legge ingiusta – ribadiscono anche oggi i presuli in una nota – Di conseguenza, nessuno è obbligato, in coscienza, a cooperare con qualsiasi azione consentita dalla nuova normativa che porta, direttamente e intenzionalmente, dall’uccisione del nascituro”. “Tutti i cristiani e le persone di buona volontà – continuano i vescovi – sono obbligati in coscienza a non cooperare formalmente ai servizi di aborto, anche se consentito dalla legislazione civile”.
“Il nuovo quadro normativo dell’Irlanda del Nord – prosegue la nota – dovrebbe dare a tutti gli operatori sanitari, compresi ostetriche, infermieri e personale ausiliario che lavorano negli ospedali e in altri contesti comunitari, il diritto di rifiutare di partecipare a qualsiasi aspetto della fornitura di servizi abortivi, oltre che all’atto diretto e intenzionale dell’aborto stesso”. Il diritto all’obiezione di coscienza viene invocato dai vescovi nordirlandesi anche per “i farmacisti che lavorano negli ospedali e nelle farmacie della comunità in generale”, ai quali viene chiesto di “fornire o tenere in stock farmaci destinati ad assistere una persona nell’esecuzione di un aborto”. La Chiesa cattolica di Belfast chiede, inoltre, che gli obiettori di coscienza siano “protetti da sanzioni legali, procedimenti disciplinari, discriminazioni o da qualsiasi impatto negativo dal punto di vista professionale”.
Inoltre, i vescovi esprimono il loro parere su alcuni punti specifici della consultazione: “Siamo completamente contrari – affermano – a tutti i tentativi di includere qualsiasi sede scolastica (incluse, naturalmente, le scuole cattoliche) come opzione per la fornitura di pillole abortive o qualsiasi altro servizio simile”. Ribadita, poi, la necessità di pensare, piuttosto, ad “adeguati servizi di consulenza” e di prevedere “un periodo di tempo significativo per un’attenta riflessione sulla gravità della decisione di abortire”. Attualmente, infatti, molte donne decidono di interrompere volontariamente la gravidanza perché vivono “in uno stato di panico” che, spesso, le porta a “prendere una decisione prematura”, rimpianta poi nel corso degli anni.
Centrale, inoltre, il richiamo all’importanza di potenziare i servizi sociali e di informare maggiormente le donne su quelli già esistenti, in quanto a volte una madre pensa che l’aborto sia l’unica soluzione perché provata dalla povertà o dalla difficoltà di prendersi cura del nascituro. Lo stesso dicasi per i servizi di assistenza post-aborto, che vanno implementati maggiormente. Infine, i presuli dell’Irlanda del Nord esortano ad incrementare il diritto della donna “di ricevere informazioni accurate e appropriate sui rischi connessi all’aborto e sulla gamma di condizioni mentali e fisiche che possono emergere a seguito di una interruzione volontaria di gravidanza”.
Credito: Vatican News
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