È l’istigazione all’odio religioso, la “giustificazione” politica della pulizia etnica, un invito alla persecuzione su ricompensa. Per chi aiuterà ad arrestare «i cristiani che operano come spie per conto di governi stranieri», lo Stato islamico ha annunciato che darà per ricompensa la somma di 5mila dollari.
«I crociati», hanno fatto sapere gli jihadisti del Califfato in un comunicato, «usano spie e agenti che indicano attraverso microchip le posizioni dei mujaheddin da colpire con i raid aerei della coalizione». Dopo gli editti che hanno invitato alla conversione forzata o al pagamento della “jizya” (la tassa di protezione) come unica alternativa alla fuga; dopo la “n” di “nazareno” fatta dipingere sui muri di case da saccheggiare ed espropiare, ieri l’invito alla delazione e alla caccia casa per casa dell’infedele da scovare e incarcerare in base alla più vago, strumentale e mutevole delle motivazioni: il sospetto e l’odio per il diverso. Nemmeno la sottomissione, nemmeno la rinuncia alla dignità e alla libertà, nemmeno il riconoscersi “gente del libro” a cui è riconosciuta la “dhimma”, la protezione dell’islam, può far sopravvivere. Un messaggio, secondo fonti irachene, diffuso nella provincia siriana di Aleppo, la terza città “cristiana” del Medio Oriente, città simbolo della millenaria convivenza tra crisitani e musulmani che ora, nell’indifferenza generalizzata, si vuole distruggere.
Un odio fanatico quello del nuovo Califfato, che sembra non conoscere limiti nell’applicazione del terrore: due giovani di 18 e 20 anni, sono stati lapidati ieri, sempre in Siria, perché accusati di avere avuto rapporti omosessuali. Ignoti i nomi delle due vittime. Ne dà notizia l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). Si tratta delle prime esecuzioni motivate dall’Is con questa accusa. Il ventenne è stato messo a morte a Mayadin, nella provincia orientale di Deyr az Zor, dopo che i miliziani jihadisti avevano affermato di avere trovato sul suo cellulare immagini che lo mostravano intento ad «atti osceni con degli uomini». Il diciottenne, invece, è stato lapidato nella stessa città di Deyr az Zor, capoluogo della provincia, con le medesime accuse. Dopo diverse lapidazioni di donne accusate di adulterio, specialmente nella provincia di Raqqa controllata dall’Is, anche due uomini sono stati messi a morte con lo stesso supplizio, sempre per adulterio.
A Mosul la violenza non risparmia nemmeno gli edifici simbolici e i malati. Lunedì, rivela il sito ankawa.com, dopo che una prima carica aveva fallito, una seconda ha devastato il convento delle suore caldee del Sacro Cuore, in precedenza usato come base logistica dallo Stato islamico. Infine lo Stato islamico avrebbe deciso di interrompere i ricoveri negli ospedali di Mosul per lasciare i posti liberi ai miliziani da ricoverare. Secondo fonti della sicurezza di Ninive l’Is avrebbe ricevuto «duri colpi» nei raid aerei della Coalizione e così i jihadisti avrebbero deciso di «privare i cittadini del diritto di ricevere cure negli ospedali della città».
Nella foto: Il convento delle suore caldee del Sacro Cuore prima dell’attentato