In Italia 10 milioni e 48 mila persone vivono in povertà relativa, pari al 16,5% della popolazione. Tra questi 6 milioni e 20 mila sono poveri assoluti. Lo rileva l’istat nel rapporto reso noto oggi. Aumenta dunque il numero di poveri assoluti. Su questo dato si sofferma al microfono di Fabio Colagrande, l’economista Cristiano Gori, docente di Politiche Sociali alla Cattolica di Milano:
R. – Povertà assoluta vuol dire che si è privi delle risorse minime per quella che l’Istat definisce una vita minimamente decente. Quindi parliamo di abitazioni con servizi minimi, vestiario, possibilità di trasporti, alimentazione adeguata. Oggi sono il 9,9 percento delle persone in Italia; nel 2007 erano il 4,1. L’altro punto da evidenziare è il rapporto della Caritas Italiana sulle politiche contro la povertà. La Caritas Italiana, nel rapporto presentato venerdì, ha detto che davanti all’esplodere di questo fenomeno, in questi anni in Italia non è stata fatta nessun tipo di politica di contrasto.
D. – Il potere d’acquisto delle famiglie come si può risollevare?
R. – Si può risollevare, innanzi tutto, con dei trasferimenti monetari adeguati alle famiglie più povere. Tra l’altro, la giustizia sociale e l’efficienza economica procedono di pari passo: se lei vuole riattivare l’economia deve trasferire risorse alle persone che spenderanno queste risorse, non che le risparmieranno. E chi sono quelli che spendono tutto quello che ricevono? I poveri, proprio perché non hanno spazio per risparmiare.
D. – Da qui l’introduzione, che la Caritas ha proposto con forza, del reddito di inclusione …
R. – Reddito di inclusione vuol dire che a tutte le persone in povertà assoluta si assicura la possibilità di arrivare ad un livello minimo di vita. Le strade sono due. La prima è quella di tamponare il bisogno economico, la seconda è di dare gli strumenti per costruirsi un percorso di vita diverso.
D. – Aumentano i minori poveri assoluti e aumenta la povertà assoluta, specie nel Sud …
R. – È vero che aumentano i minori, ma questo perché sono sempre più povere le famiglie giovani. Prima della crisi, la povertà in Italia era prevalentemente un problema di anziani. Dopo la crisi è ancora un problema di anziani, ma sempre di più di famiglie giovani che quindi hanno figli. Rispetto al Sud dove cresce molto, l’altra grande novità della crisi è che una volta tutti noi pensavamo: “Si, ma in fondo al Nord, quello della povertà assoluta, della vera povertà è un fenomeno di nicchia”; oggi non lo è più. Quindi in questi anni la povertà si è radicata ulteriormente al Sud, dove già c’era, e ha rotto gli argini, dove prima era in un angolo, cioè al Nord. *(fonte Radio Vaticana)
Queste le statistiche fornite dall’ISTAT:
Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).
Tra il 2012 e il 2013, l’incidenza di povertà relativa tra le famiglie è stabile (dal 12,7 al 12,6%) in tutte le ripartizioni territoriali; la soglia di povertà relativa, pari a 972,52 euro per una famiglia di due componenti, è di circa 18 euro inferiore (-1,9%) al valore della soglia del 2012.
L’incidenza di povertà assoluta è aumentata dal 6,8% al 7,9% (per effetto dell’aumento nel Mezzogiorno, dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all’anno precedente.
La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quattro (dall’8,3 all’11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%). Peggiora la condizione delle coppie con figli: dal 5,9 al 7,5% se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9% se sono due e dal 16,2 al 21,3% se i figli sono tre o più, soprattutto se almeno un figlio è minore. Nel 2013, 1 milione 434 mila minori sono poveri in termini assoluti (erano 1 milione 58 mila nel 2012).
L’incidenza della povertà assoluta cresce tra le famiglie con persona di riferimento con titolo di studio medio-basso (dal 9,3 all’11,1% se con licenza media inferiore, dal 10 al 12,1% se con al massimo la licenza elementare), operaia (dal 9,4 all’11,8%) o in cerca di occupazione (dal 23,6 al 28%); aumenta anche tra le coppie di anziani (dal 4 al 6,1%) e tra le famiglie con almeno due anziani (dal 5,1 al 7,4%): i poveri assoluti tra gli ultrasessantacinquenni sono 888 mila (erano 728 mila nel 2012).
Nel Mezzogiorno, all’aumento dell’incidenza della povertà assoluta (circa 725 mila poveri in più, arrivando a 3 milioni 72 mila persone), si accompagna un aumento dell’intensità della povertà relativa, dal 21,4 al 23,5%.
Le dinamiche della povertà relativa confermano alcuni dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta: peggiora la condizione delle famiglie con quattro (dal 18,1 al 21,7%) e cinque o più componenti (dal 30,2 al 34,6%), in particolare quella delle coppie con due figli (dal 17,4 al 20,4%), soprattutto se minori (dal 20,1 al 23,1%).
Ai suddetti peggioramenti, in termini di povertà relativa si contrappone il miglioramento della condizione dei single non anziani nel Nord (l’incidenza passa dal 2,6 all’1,1%, in particolare se con meno di 35 anni), seppur a seguito del ritorno nella famiglia di origine o della mancata formazione di una nuova famiglia da parte dei giovani in condizioni economiche meno buone. Nel Mezzogiorno, invece, migliora la condizione delle coppie con un solo figlio (dal 31,3 al 26,9%), con a capo un dirigente o un impiegato (dal 16,4 al 13,6%), che tuttavia rimangono su livelli di incidenza superiori a quelli osservati nel 2011. *(fonte: ISTAT)
A cura di Redazione Papaboys