L’Italia continua, nonostante la crisi, ad essere un Paese generoso e solidale: ce lo dice l’Istat (Istituto centrale di statistica) che, insieme a Csvnet (il coordinamento nazionale dei centri di volontariato) e alla Fondazione volontariato e partecipazione ha pubblicato il 23 luglio il rapporto “Attività gratuite a beneficio di altri”. Il documento attesta che da noi ci sono ben 6,63 milioni di volontari operativi, di cui 4,14 attivi in organizzazioni stabili. Il Nord Italia registra un tasso di volontariato del 16% mentre il Sud ha una percentuale dell’8,6%. I volontari sono più frequenti fra chi ha conseguito un titolo di studio più alto: tra i laureati sono il 22,1% mentre fra chi ha la licenza elementare la percentuale scende al 6,1%. Emerge anche che il volontariato è più presente tra chi ha situazioni occupazionali stabili (14,8%) e chi vive in famiglie agiate (23,4%). Dati del resto prevedibili, in quanto chi vive situazioni positive riesce anche ad essere più sereno e a offrire tempo ed energie per aiutare chi sta peggio.
Altro dato Istat consiste nelle 19 ore su quattro settimane, stimate per il servizio mensile offerto dai volontari italiani. È stato calcolato che questo monte ore, se quantificato come fosse una attività lavorativa, significherebbe circa 875mila unità occupate a tempo pieno. Per interpretare questi dati, il Sir ha intervistato Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato, e parlamentare del Pd.
Partiamo dal “monte ore” stimato. Qualcuno si chiede se questi milioni di volontari non rubino il lavoro ai giovani. È una domanda che ha senso?
“So che alcune aree sindacali lo sostengono, ma non è così. I volontari non rubano lavoro retribuito, ma offrono attività gratuita spesso laddove non ci sono servizi in grado d’intervenire. Questa lettura ‘economica’ del volontariato viene svolta soprattutto per quantificare un fenomeno che è considerevole. Ribadisco che il vero valore del volontariato consiste nel costruire relazioni di fraternità e amicizia e che la sua presenza ha un ruolo determinante e significativo insieme a quelle del ‘Terzo settore’”.
Un altro aspetto indicativo è che il volontariato risulta più diffuso nelle Regioni del Nord. Come interpretare questo aspetto?
“La ricerca dice chiaramente che nelle Regioni più ‘benestanti’ c’è un tasso maggiore di volontari. Quindi, tornando al tema di prima, il fatto che lì ci sia più lavoro che al Sud è una conferma che il volontariato non ‘ruba’ posti di lavoro. Semmai bisognerebbe favorirne una maggiore diffusione anche nel Mezzogiorno, dove i bisogni sociali sono maggiori”.
Dal volontariato si possono generare nuove attività lavorative?
“Il volontariato è una bella esperienza di vita per tutti, soprattutto per i giovani ai quali fornisce competenze e abilità che possono essere utili da tanti punti di vista, anche per entrare nel mercato del lavoro. Imparare a lavorare in gruppo, ad essere sensibili ai bisogni degli altri è un’attitudine molto apprezzata dalle aziende. Quando ricevono curriculum di candidati, molti imprenditori e dirigenti guardano con favore a coloro che hanno avuto esperienze come volontari o di servizio civile. Comunque capita con una certa frequenza che coloro che si spendono per gli altri trovino poi il modo o l’occasione per rimanere stabilmente al lavoro nel campo, come ad esempio nelle cooperative sociali. Al festival del volontariato di Lucca abbiamo messo in luce questi percorsi che non sono affatto infrequenti”.
Come guardare al volontariato oggi: è una “croce rossa” sociale?
“Spero sia conclusa la stagione della ‘croce rossa’ e finalmente lo si riconosca come soggetto portatore di novità, generatore di esperienze anche di tipo economico e lavorativo. Se pensiamo agli anni Ottanta, hanno generato realtà quali le case per minori, per i tossicodipendenti, il turismo sociale, e altre. La sfida odierna, anche con la nuova legge del ‘Terzo settore’, consiste nel continuare in questa generatività sociale ed economica. Non bastano le buone azioni, oggi occorre aiutare concretamente il nostro Paese ad uscire dalla crisi”.
Di Luigi Crimella per Agensir