Tre domande sulla povertà. La prima: con la crisi economica siamo davvero diventati tutti un po’ più poveri? La seconda: se per l’Italia la crisi ha voluto dire chiusura di aziende, disoccupazione, minori entrate per le famiglie, giovani che non trovano lavoro, quanti sono quelli che sono precipitati nella “povertà assoluta”? Terza domanda: c’è qualche sistema per vincere la povertà? A queste domande ha risposto il convegno “Alleanza contro la povertà in Italia”, promosso a Roma martedì 14 ottobre a cura di un “cartello” di associazioni ed organismi quanto mai vasto e composito. Ne fanno parte (senza poterli citare tutti) Caritas Italiana, Acli, sindacati, Azione Cattolica, S.Egidio, Forum Terzo Settore, Focolari, Action Aid, Confcooperative, S. Vincenzo de’ Paoli, Banco Alimentare, Jesuit Social Network, Save The Children, e altri. Anzitutto i dati generali sulla povertà, quella dei nuclei familiari che sopravvivono con fatica, perché dispongono di redditi molto bassi e si trovano al di sotto della linea della povertà: nel 2013 i dati parlano di povertà assoluta per 6 milioni di persone residenti in Italia, pari al 9,9% del totale, mentre nel 2007 erano 2,4 milioni, cioè “solo” il 4,1%. La crisi, dunque, ha voluto dire una vera e propria “esplosione” della povertà nel nostro Paese, che è più che raddoppiata. Per farci un’idea: se saliamo su un autobus o nella metro, ogni dieci persone che viaggiano con noi ce ne sarà una che vive la condizione di povero vero. Come aiutarlo? Come intervenire pubblicamente per alleviare questa piaga così ampia e diffusa? Al convegno presso il Cnel sono venute alcune indicazioni e una proposta per il governo.
Richiesta al Governo di un “piano nazionale”. “La social card non è la risposta alla povertà in termini strutturali”, ha affermato Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli. E ha invece sostenuto la proposta di “Reddito di inclusione sociale” (Reis), elaborato dal gruppo di studio dell’ “Alleanza contro la povertà in Italia”, chiedendo al governo di “dare risposte urgenti e adeguate alla povertà”. Bottalico, in particolare, ha detto che “il governo ha una grande occasione per dimostrare la sua sensibilità sociale, prevedendo di finanziare nella legge di stabilità che sta per presentare, un ‘Piano nazionale di contrasto alla povertà assoluta’, che possa iniziare ad essere operativo già dal 2015 ed andare pienamente a regime nel corso del successivo triennio”. Commentando l’esplosione della povertà in Italia, il sociologo Mauro Magatti, docente all’Università Cattolica di Milano, ha commentato: “Con simili numeri corriamo il forte rischio che l’Italia si ‘accartocci’ implodendo sotto i colpi della crisi”. Come criterio generale d’intervento, anche Magatti ha sostenuto l’introduzione del “Reddito di inclusione sociale”, sottolineando che lo spirito del progetto elaborato dal cartello di associazioni “non è di aumentare la spesa pubblica ma di orientarla e qualificarla meglio”.
Italia e Grecia ancora senza un sistema di aiuti. “Le persone in povertà assoluta sono arrivate al 9,9% e insieme alla Grecia siano privi di una misura di intervento in loro aiuto”, ha notato il docente di politica sociale alla “Cattolica” di Milano Cristiano Gori. “Il ritardo del nostro paese circa le politiche attive contro la povertà assoluta è tra l’altro molto ampio. Il Regno Unito introdusse le prime misure a partire dal 1948, seguito dalla Svezia nel 1956 e dalla Germania nel 1961. Quasi tutti i paesi europei hanno legiferato in tale direzione negli anni ’70 e ’80. Ultima la Spagna tra il 1995 e il 2000. E invece mancano all’appello proprio l’Italia e la Grecia”. Gori ha esposto i criteri sul calcolo del Reis, contenuti nella proposta al governo per una sua introduzione anche nel nostro paese. Il sussidio verrebbe corrisposto se i nuclei familiari hanno redditi più bassi rispetto a certe soglie e i criteri economici per riceverlo si baserebbero su una analisi congiunta di Isee, reddito familiare e anche “reddito presunto”, per evitare di dare il contributo a chi non ne abbia le condizioni. “La media del Reis – ha spiegato – risulta di circa 400 euro al mese, con importi crescenti secondo il carico familiare. “Oltre il Reis – ha proseguito – è molto importante l’insieme dei servizi offerti alle persone in povertà assoluta, che vanno ‘incardinati’ nell’azione delle amministrazioni locali. A questo riguardo, risulta essenziale il ruolo del Terzo settore per cooperare con gli enti locali nell’azione di sostegno alla povertà”, ha concluso.
Il “Reis” nelle politiche sociali? Nel suo intervento in rappresentanza del governo, il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali Franca Biondelli ha riconosciuto il lavoro svolto dall’ “Alleanza” che propone il Reis, notando però che allo stato attuale un suo recepimento pieno deve fare i conti con gli stringenti limiti di bilancio e il mantenimento dei parametri europei. Quindi, da questo momento in poi, toccherà al cartello di associazioni e organismi di lavorare compatto sia sul piano culturale e dell’opinione pubblica, sia nei confronti del mondo politico, perché questo progetto molto complesso possa trovare spazio non solo sul piano delle idee, ma della sua accettazione concreta tra le leggi dello Stato. Il relatore Gori ha infatti spiegato che partendo il primo anno con 1,7 miliardi di euro, si arriverebbe a regime con un investimento totale di 7 miliardi nel 2018. Il che vorrebbe dire che il governo in carica dovrebbe trovare una simile cifra nelle pieghe di un bilancio al momento molto “stiracchiato”. Chi volesse seguire lo sviluppo di questa proposta lo può fare attraverso il sito www.redditoinclusione.it. di Luigi Crimella per Agensir
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