L’offensiva dei miliziani sunniti non sembra trovare ostacoli nell’ovest dell’Iraq. Nel fine settimana sono avanzati verso le frontiere con la Siria e la Giordania, espugnando altre tre città – al-Qaim, Rawa e Aana – e due valichi, uno col confine siriano e uno con la quello giordano, quest’ultimo subito blindato dalle autorità di Amman. Almeno 21, secondo testimoni, le persone giustiziate a sangue freddo. Le conquiste sono state favorite dal ripiegamento dell’esercito di Baghdad, definito tattico dalle autorità militari. Cresce dunque il territorio controllato dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che mira di ritagliarsi uno Stato a cavallo tra Siria e Iraq. Così come cresce la pressione sia interna e sia degli Usa sul premier iracheno al- Maliki, al quale viene chiesto di agevolare la formazione di un nuovo governo che includa tutte le etnie del Paese. Kerry in visita in Egitto e in Giordania ha avvertito “l’insurrezione irachena è una minaccia per intera regione”. Intanto s’ingrossano le fila di migliaia di sfollati fuggiti dalle prime città conquistate dai fondamentalisti: Mosul, Tikrit, Kirkuk. Sulla situazione umanitaria sentiamo Marzio Babille, responsabile Unicef per l’Iraq:
R. – L’Unicef, a partire da Erbil, ha già disposto sul terreno diversi teamtesi alla valutazione e alla risposta immediata dei bisogni dei bambini, delle donne, delle famiglie e di un numero importante di sfollati da Mosul, da Tikrit e da altre zone contese della parte centrale. In particolare, parliamo di circa 400 mila individui e possiamo stimare che almeno 180 mila bambini sono compresi in questa popolazione. Noi abbiamo raggiunto Telkief, dove è ripiegato anche l’arcivescovo di Mosul, con il quale abbiamo coordinato un sostegno importante, perché in questa zona c’è la convergenza della grande parte dei cristiani di Mosul e sulla stessa direttrice si sono molte altre famiglie delle minoranze etnico-religiose: assira, yazirika e la comunità shabaki. Queste comunità sono state già perseguitate nel passato e quindi sono fuggite dal conflitto in corso a Mosul e nelle zone circostanti, trovando rifugio in zone protette dalle truppe curde che sono avanzate, mettendo in sicurezza alcuni territori.
D. – Può elencarci le emergenze, le necessità principali cui state cercando di dare una risposta?
R. – La maggiori priorità sono due. La prima è l’acqua: è da notare che in questo momento l’ondata di caldo è molto elevata. Parliamo di temperature che si aggirano fra i 44 e 46 gradi centigradi durante la giornata. Noi distribuiamo, come da mandato, acqua da bere, kit igienici, strumenti per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua. La seconda priorità è il denaro: queste sono popolazioni che sono fuggite senza nulla, non hanno bagaglio. Sono fuggite con gli abiti che avevano indosso e quelli che avevano del denaro per potersi sostenere lo stanno finendo. Come Unicef, abbiamo avviato un piano di assistenza finanziaria tramite la distribuzione di denaro direttamente alle famiglie degli sfollati.
D. – Le tensioni interetniche si ripercuotono anche tra gli sfollati?
R. – Esistono una divisione profonda – probabilmente insanabile – tra le comunità sciite e le comunità sunnite e il Kurdistan fa già discorso a sé storicamente, però la novità è che attraverso legami di solidarietà, i curdi, i sunniti e gli sciiti e le minoranze sono in questo momento unite nel bisogno. Queste sono popolazioni che fuggono dalla violenza. La solidarietà fra musulmani e cristiani e altre minoranze e fra quelli che sono scappati esiste. L’umanità è più forte del conflitto.
D. – Si percepisce la reale minaccia delle milizie integraliste dove state operando voi?
R. – Il confronto militare esiste fra le truppe del governo iracheno e i gruppi di opposizione armata, che sono una galassia di individui, di gruppi, di interessi e anche di tribù che non necessariamente coincidono sempre: coincidono in questo momento, perché la caratteristica è che sono tutti sunniti. Quindi, il loro progetto è un progetto poltico-economico di controllo delle risorse di queste zone. Lo fanno attraverso uno strumento militare e una brutalità senza precedenti, che è quella da cui fuggono tutte queste popolazioni. Inoltre, il governo sta bombardando alcune delle zone periferiche di Mosul ed è per questo che noi siamo ripiegati due giorni fa. I nostri team lavorano in sicurezza e questo significa che Unicef, per mandato, protegge tutti i bambini e protegge anche il proprio staff. Questa operazione è molto più importante e più grande, come vastità e scala, dell’operazione di assistenza dei rifugiati siriani. Questa operazione interna di sostegno sta coprendo 400 mila sfollati della regione di Ambar, che si sono spostati da gennaio a maggio, più altri 400 mila che si sono sfollati negli ultimi giorni. Quindi, stiamo parlando di 800 mila persone che si sono mosse. E’ una operazione di una enorme portata e complessità. Noi abbiamo bisogno di grande sostegno. Di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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