Categorie: Pax et Justitia

Jihadisti sconfinano in Libano. Mons. Hobeika: abbiamo paura

I gruppi islamisti che in Siria combattono sia contro il regime sia contro gli oppositori di Assad hanno sconfinato nel vicino Libano. Nelle ultime 24 ore ad Arsal, un villaggio di confine nella valle della Beqaa, l’esercito ha combattuto una intensa battaglia in cui sono morti 12 soldati e una quarantina di militanti. Lo spettro è che i gruppi jihadisti, che in Iraq stanno perseguitando tutte le minoranze, infiammino il conflitto anche nel Paese dei cedri. Il regime siriano in queste ore ha deciso di offrire sostegno ai militati libanesi. Massimiliano Menichetti della Radio Vaticana ha intervistato mons. Mansour Hobeika, vescovo di Zahleh dei Maroniti:
R. – Noi cristiani del Libano, ma anche le altre confessioni presenti, sentiamo il pericolo di questo gruppo chiamato “Dash” che diventa fattore di guerra. Si è visto cosa sta accadendo per i cristiani in Medio Oriente. Il Libano rischia lo stesso.

D. – In Iraq, i cristiani sono stati cacciati da Mosul, in Siria tutti combattono contro tutti. C’è paura che questo accada anche in Libano?
R. – Si. Oggi e ieri, ci sono stati conflitti tra l’armata libanese e gli estremisti. Questa realtà potrebbe svilupparsi in altre regioni del Libano, dove ci sono campi di profughi siriani che potrebbero essere armati da Dash, o al-Nusra. Questi estremisti sono “cugini” e dipendono entrambi da Al-Qaeda.

D. – C’è dunque un pericolo concreto di una estensione delle violenze?
R. – Sì, è già cominciata. Adesso, la cosa positiva è che la maggioranza dei musulmani non accetta questo. E’ chiaro che gli sciiti non lo accettano, ma neanche i sunniti lo accettano, salvo gli estremisti.

D. – Non lo accettano per paura di una guerra?
R. – Sì, non vogliono distruggere il Libano, ma non è facile mantenere calmi gli estremisti sunniti libanesi.

D. – La politica come sta affrontando questa situazione?


R. – I politici sono d’accordo nel fare tutto il possibile per difendere il Paese. Non sembrano divisi su questo punto.

D. – Come Chiesa cosa state facendo?
R. – Con la nostra comunità e con l’opinione pubblica libanese stiamo facendo un discorso di pacificazione, preghiere, omelie, incontri: tutto quello che possiamo fare adesso.

D. – Oltre nove milioni gli sfollati in Libano per la guerra in Siria, molti continuano ad arrivare in Libano. Qual è la loro condizione?
R. – Sono quasi un milione e 500 mila e la maggior parte di loro vivono nella miseria totale. Gli aiuti ci sono, ma non bastano mai.

D. – Il Libano vede da una parte la guerra in Siria, dall’altra il conflitto tra israeliani e palestinesi…
R. – E’ una cosa diabolica che cerca di aumentare l’odio nel popolo, tra le diverse etnie, tra le diverse religioni e professioni religiose. Intendo dire che se in Iraq, Dash voleva fare un Paese sunnita non era necessario cacciare tutte le altre minoranze dal Paese. Cristiani e non cristiani tutte le minoranze sono cacciate. Lo scopo è l’odio. Se questo stesso odio viene in Libano, in questo piccolo Paese – dove ci sono 16 confessioni – tutti saranno contro tutti. E’ una cosa diabolica che serve solo a distruggere. Abbiamo paura.

D. – Quindi, qual è il suo auspicio in questa situazione così difficile?
R. – Vorrei che il Libano rimanesse in pace, nell’accoglienza di tutte le minoranze. Se il Libano non riuscirà a mantenere la pace e i cristiani non ci rimarranno, tutto cambierà! E’ un problema grande che merita che tutte le persone di buona volontà, ma soprattutto la Chiesa universale, se ne preoccupino. Non dobbiamo essere lasciati soli!

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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