Jobs act : finalmente la riforma ma prudenza sugli effetti concreti

I CATTOLICI E IL JOBS ACT – Gianni Bottalico (Acli) teme l’enfasi sulle sole regole del lavoro: “Nella realtà dobbiamo far fronte alla de-industrializzazione, alla disoccupazione dilagante e al calo dei consumi delle famiglie”. Carlo Costalli (Mcl): “Messo in moto un processo riformatore del mercato del lavoro che aspettavamo da vent’anni”. L’incognita sui decreti delegati che dovranno sciogliere anche il nodo dell’art. 18.

Via libera al “Jobs act”. Ha incassato il “sì” del Senato, ieri sera, il maxiemendamento sulla riforma del lavoro, che prevede “deleghe al governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”. Differenti sono i giudizi sul provvedimento, anche all’interno del mondo cattolico, mentre ora al governo spetta il compito di procedere alla scrittura dei decreti delegati. Il Sir ha chiesto un commento in merito, in un’intervista a due voci, ai presidenti di Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani), 

Gianni Bottalico, e Mcl (Movimento cristiano lavoratori), Carlo Costalli.

Il “sì” del Senato sul “Jobs act” è un bene o un male per il sistema-Paese e per la cultura del lavoro?
Bottalico: “Vi sono aspetti apprezzabili e altri più discutibili. Temo che l’enfasi sulle sole regole del lavoro finisca per non sortire effetti concreti quando nella realtà dobbiamo far fronte alla de-industrializzazione, alla disoccupazione dilagante e al calo dei consumi delle famiglie, anche di quelle in cui vi sono uno o più percettori di reddito da lavoro”.

Costalli: “È sicuramente un bene: si è finalmente messo in moto un processo riformatore del mercato del lavoro che aspettavamo da vent’anni. Adesso gran parte del lavoro è affidata ai decreti delegati, che andranno seguiti con attenzione. Peraltro, passa ora ai decreti delegati anche il nodo relativo all’art. 18”.

Come si concilia la riforma proposta con le indicazioni della Dottrina sociale della Chiesa?
Bottalico: “Lascio ad altri il compito di dare patenti così impegnative. Mi limito a osservare che tutto ciò che tende ad assecondare lo ‘spirito dei tempi’, a incensare ‘i meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante’, come afferma Papa Francesco nella ‘Evangelii Gaudium’, vi si allontana, mentre quanto tende a ridurre le disuguaglianze, a tutelare i diritti dei lavoratori più deboli, a redistribuire verso il basso la ricchezza, vi si avvicina”.
Costalli: “In questo maxi-emendamento ci sono alcuni passaggi che vanno nella direzione di maggiori diritti, cosa che noi chiedevamo da tempo. È significativa la scelta di utilizzare i risparmi della legge Fornero su pensioni e ammortizzatori sociali per un’universalizzazione delle tutele. Da tempo chiedevamo che parte di questi risparmi venissero redistribuiti in tal senso. Al di là del dibattito sull’art. 18, uno dei temi che ci sta a cuore, assolutamente in linea con la Dottrina sociale, è recuperare le tutele per tutti quei contratti ‘strani’ che si erano instaurati sulla spinta di una necessaria, ma forse anche eccessiva, flessibilità”.

Quale futuro si profila per l’occupazione?
Bottalico: “Nero, come tutti avvertono, oserei dire tranne molti degli addetti ai lavori. Siamo in deflazione, l’economia reale continua a perdere colpi. Il vero intervento da fare è sostituire la politica di austerità con politiche espansive. La situazione sociale ed economica è di una gravità tale da non poterci permettere un altro anno di crisi. Occorre tentare il tutto per tutto. Serve il coraggio per un tempo straordinario: bisogna da subito tagliare in modo significativo la pressione fiscale e nel contempo destinare risorse adeguate per le politiche attive del lavoro e per un grande piano di sviluppo economico e industriale. Accanto a ciò bisogna trovare il modo per indirizzare direttamente all’economia reale e alla ripresa della domanda interna almeno una minima parte di quel fiume di denaro che la Bce di fatto regala alle banche”.
Costalli: “La riforma del mercato del lavoro, da sola, non basta per far ripartire le assunzioni, specialmente dei giovani. Il problema è ricreare investimenti, e per far questo servono meno burocrazia, un diverso sistema fiscale, una giustizia civile più celere, un meridione più sicuro, e senz’altro un mercato del lavoro più europeo. Certamente l’estensione dell’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) a tutti, compresi i contratti di collaborazione, fa intravedere – anche per i giovani – un futuro un po’ più roseo”.

Il governo ha incassato il plauso dell’Europa (il presidente uscente della Commissione, Barroso, ha parlato di “riforma importante che può avere grande impatto sulla competitività dell’economia italiana”). Era così necessaria una riforma per rilanciare il mercato del lavoro?
Bottalico: “Se per riforma intendiamo la necessità inderogabile di un intervento della politica in economia, allora sì, è necessaria. Un merito del ‘jobs act’ è proprio quello di esser composto da un insieme di provvedimenti di natura diversa, ma la sua efficacia dipenderà da cosa ci sarà scritto nelle deleghe e dall’entità reale delle risorse messe a disposizione”.
Costalli: “Non solo era necessaria, ma indispensabile. L’Italia deve tornare competitiva sui mercati, ma un’eventuale ripresa non può avvenire a scapito delle tutele, né dell’occupazione. Per essere competitivi, però, ribadisco che bisogna creare un sistema-Paese in grado di attrarre investimenti, senza i quali non si creano posti di lavoro”. di Francesco Rossi per Agensir

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