La canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II, se osservata con gli occhi del discepolo di Cristo, di chi è aperto al dono della sua Grazia e a Lui vuole conformare la sua stessa vita, potrà essere un tempo propizio ed opportuno per fare esperienza di conversione. Nell’esempio e nella vita dei santi e dei beati, dobbiamo saper scorgere l’opera di Dio, chiedendo di poter guardare a questi suoi autentici testimoni, con il suo stesso sguardo. Quando il mondo rivolge ad essi le proprie attenzioni, è solito narrare ed elogiare una presunta grandezza che vede realizzarsi su ciò che è in realtà effimero, sbilanciandosi apertamente sul fare, sull’apparire, su una sorta di carriera che dopo aver visto il riconoscimento delle virtù, e della prossima beatificazione, già volge lo sguardo verso il prossimo step, come si dice, in termini di progressione e miglioramento, avvistando il target della canonizzazione. Il discepolo di Cristo, invece, poggia il suo sguardo discreto ed umile sull’azione di Dio nella vita del suo servo, cogliendo un cammino, spesso faticoso, di conformazione ed assimilazione al Cristo-Servo, che prima sale sulla croce e poi risorge. Il discepolo di Cristo invocherà dunque quella sapienza per poter discernere i tempi di Dio negli avvenimenti e nella vita dei suoi autentici testimoni, per poter fare esperienza di quello stesso Spirito che ha operato nel venerabile Giovanni Paolo II, ed ora vuole operare anche attraverso di noi, se sappiamo cogliere la sua mediazione, il suo rinviare a quell’amore, a quella pace, a quella gioia che da Dio proviene. Nell’amato Santo Padre, osserviamo fin dalla giovinezza, un graduale e fiducioso abbandono alla volontà di Dio, insieme alla crescente consapevolezza di essere da Lui amato e sostenuto, sia nel tempo della formazione ed educazione alla fede, che nel tempo del comprensibile smarrimento, di fronte ai ripetuti lutti familiari, e al trovarsi nel pieno vortice di una guerra, che egli stesso definirà come “eruzione di male” e “bestialità”. Con la sua stessa vita egli invece, testimonierà che anche di fronte al male, non mancano i segni di bene (cf. Rm 12,1), della vittoria della croce di Cristo, e che ad un abisso di male si può rispondere solamente attraverso un abisso di amore.
Il Suo sarà un graduale cammino di abbassamento, dapprima attraversando i mali del secolo scorso, e poi nell’accettare la chiamata a sostenere il peso della croce di Cristo, a nome della Chiesa, completando con le sue sofferenze ciò che manca ai suoi patimenti (cf. Col 1,24), introducendo la Chiesa e l’umanità tutta nel solco del terzo millennio. Il suo servizio ministeriale, che teologicamente può definirsi come diaconia, sarà la cifra e la misura del suo rapporto con Cristo. In questa fiduciosa relazione, tutto ciò che è dell’uomo, che a lui appartiene antropologicamente, gradualmente recepisce e rilancia il progetto di Dio, la Sua volontà, rinunciando alla propria. La fede cresce nella libertà del sentirsi amato, il suo assenso diviene consenso intelligente all’opera di Dio, l’impegno traduce la novità del suo incontro con Cristo. Quest’intima relazione e comunione, trasfigura il discepolo che non può trattenere né nascondere una gioia, serenità e pace che traspare incontrando il suo volto. Stessa immediatezza di relazione che eserciterà una forza di attrazione verso i giovani, alla ricerca di relazioni credibili ed autentiche, avvinti certamente dalla singolare disposizione della persona, dalla sua umanità, ma in special modo dal Cristo che traspare in lui. Per i cari ed amati giovani, il Santo Padre dalla Chiesa celeste, continuerà ad intercedere, perché all’entusiasmo sconvolgente per aver scrutato nel Papa Karol il volto amabile e gioioso del Cristo, possa seguire l’impegno e la responsabilità del discepolato. di Giovanni Chifari