Kiev: poliziotti e manifestanti sono stati uccisi dai cecchini

Altro video su Youtube, ripreso da Russia Today, altra telefonata intercettata sulle vicende ucraine dopo la telefonata carpita all’ambasciatore Usa Victoria Nuland. Stavolta a parlare è il ministro degli esteri dell’Estonia Urmas Paet, il quale informa l’alto rappresentante dell’Unione europea Catherine Ashton che un’attivista di piazza Maidan, tale Olga, gli ha confidato come i cecchini sui tetti, che hanno imperversato durante la rivolta ucraina, non fossero stati al servizio del presidente Yanukovich, ma di uomini dell’opposizione (probabilmente il riferimento è ai neonazisti). Questo il testo della telefonata, sulla quale però occorre fare delle verifiche (la cautela in questi casi è d’obbligo): “Olga dice che le persone uccise dai cecchini, i poliziotti e i manifestanti, sono stati uccisi dagli stessi cecchini. Mi ha fatto vedere delle foto, ha i referti dei dottori che dicono che si tratta dello stesso tipo di proiettili. Ed è preoccupante che la nuova coalizione (di governo) non voglia indagare questi fatti. C’è la percezione sempre più forte che dietro i cecchini non ci fosse Yanukovich, ma qualcuno della nuova coalizione”. Voce attribuita alla Ashton: “Credo che sia davvero necessario investigare, è interessante”. Paet: “È una cosa spiacevole, toglie credibilità fin dall’inizio a questa nuova coalizione”. Ashton: “È vero, capisco la richiesta di grandi riforme, ma bisogna anche lasciare che la politica si rimetta a funzionare. Fare l’attivista o il medico è molto importante, ma non sono politici. Qualcuno si deve occupare di accomodare le cose per le prossime settimane. Il paese deve correre, bisogna arrivare alle elezioni di maggio. La prossima settimana comunque tornerò a Kiev, li incontrerò”

. La telefonata è ancora da verificare, ma il precedente della Nuland non è stato smentito, quindi avvalora l’ipotesi che anche questa sia vera come la precedente.

E’ dal 2007 che la Russia sta rimarcando il carattere ostile della strategia NATO; gli americani sostengono che il progetto antimissile BMD sia essenziale per proteggere le installazioni statunitensi e della NATO contro la minaccia dei nemici mediorientali –  in particolare l’Iran;  ma una simile giustificazione risulta allo stato  inverosimile, considerando che l’elevato numero di ispezioni a cui è sottoposta la repubblica islamica non farebbe emergere la benché minima opportunità di allestire un programma nucleare di natura militare. Il 25 novembre scorso, il Ministro degli Esteri russo Lavrov – durante una conferenza stampa a Roma – ha commentato che “se l’accordo con l’Iran viene attuato, il motivo dichiarato per la costruzione dello scudo della difesa non sarà più applicabile”. Washington sta esagerando?  Così pare, data la significativa risposta-ammissione data dal Segretario alla Difesa USA, Chuck Hagel, che ha sottolineato che il concluso piano d’azione P5+1 riguardante il programma nucleare di Teheran “non elimina la necessità degli Stati Uniti ed alleati europei di continuare ad attuare i piani della Difesa missilistica in Europa”. Quali siano le vere intenzioni del Pentagono lo ha rivelato l’ex-capo del programma della difesa antimissile nell’amministrazione Reagan, il colonnello Robert Bowman; l’ex ufficiale americano ha dichiarato che lo sviluppo dello scudo antimissile attorno alla Russia è prettamente offensivo ed è volto a creare la possibilità di conseguire la “capacità di primo colpo”, ovvero attaccare il suo unico rivale nucleare senza temerne la rappresaglia, avendo tale sistema la capacità di intercettare e distruggere i vettori nemici in fase di lancio.

Sia come sia, le proteste in Ucraina, da metà dicembre cominciarono a registrare un progressivo calo d’intensità e partecipazione, segno che la strategia fin lì adottata non aveva sortito gli effetti sperati; “l’opposizione” si trovava spiazzata dall’atteggiamento cauto e pragmatico di Yanukovich, con un governo che si era notevolmente trattenuto nell’affrontare i “manifestanti” anche quando questi occupavano delle sedi istituzionali, impegnandosi in negoziati con i leader dell’opposizione e offrendo concessioni politiche come le dimissioni del premier Mykola Azarov. In queste condizioni sarebbe stato imprudente contribuire a rafforzare la narrazione occidentale del “dittatore”

che tiranneggia la popolazione, e l’uso di tattiche pesanti – anche in presenza di gravi violazioni – avrebbe esasperato la situazione dando all’opposizione la possibilità di “pescare nel torbido”. A questo punto, visto che la strategia del 2004 incentrata sulla sovversione mediante ONG non dava i risultati sperati, è stato deciso un drastico cambio di passo. Fermo restando l’imprinting egemonico statunitense delle operazioni strategiche –  Germania e Polonia per motivi opposti –  hanno intensificato la loro opera sediziosa, più latente quella tedesca, molto più sfacciata quella polacca. Il governo del Primo Ministro Tusk – coadiuvato dall’eminenza grigia Radoslaw Sikorski, Ministro degli Esteri – ha rilasciato numerose dichiarazioni a sostegno dei manifestanti, dichiarando loro “piena solidarietà” e rendendo pubbliche le conversazioni telefoniche con Arsenij Yatseniuk, uno dei tre leader dell’opposizione. Le missioni diplomatiche polacche in Ucraina erano volte a sostenere istituzionalmente un colpo di stato e a collocare Varsavia in una posizione privilegiata in vista di negoziati multilaterali post-conflitto. Tuttavia, quello a cui mira il governo polacco è molto di più che una semplice egemonia sub-regionale: l’interesse inconfessato è la Galizia, una regione composta da tre provincie dell’occidente estremo dell’Ucraina nonché oggetto di vecchia disputa territoriale. Proprio nell’oblast di Lvov, una delle tre province, alcuni rivoltosi occupavano il locale municipio e costringevano il Governatore regionale Oleh Salo a dimettersi; era il segnale che denotava il cambio di passo nelle operazioni destabilizzanti e che radicalizzava i futuri scontri. Con puntuale sincronismo anche“Euromaidan” vedeva l’inasprimento degli scontri con le prime vittime; motivo scatenante delle proteste era l’entrata in vigore della legge “antidemocrazia”, come veniva definita da Europa e Stati Uniti: taluno potrebbe domandarsi che razza di governo liberticida sia quello che non ti consente di erigere barricate, di occupare una piazza con tende e suppellettili, di nasconderti il volto con un passamontagna e di occupare in massa un edificio pubblico. Facciamo alcuni esempi:

San Francisco (California, USA) 17 novembre 2011 – La polizia ha arrestato 95 manifestanti del movimento Occupy Wall Street che erano entrati gridando slogan in una sede di Bank of America e avevano provato a montare un accampamento nell’atrio dell’edificio; San Francisco (California, USA) 7 dicembre2011 – Almeno 70 manifestanti del gruppo Occupy Wall Street sono stati arrestati durante lo sgombro di un loro accampamento […] precisando che oltre 100 agenti in tenuta antisommossa hanno tirato giù le tende dei dimostranti, accampati in un parco del centro della città; New York (USA) 15 novembre 2011 – La polizia newyorchese è intervenuta a Zuccotti Park per sgombrare il quartiere generale di Occupy Wall Street […] Gli agenti hanno arrestato 200 persone che si opponevano allo smantellamento delle tende e per proteste. La situazione a Zuccotti Park era diventata “intollerabile” e costituiva un “rischio per la sicurezza e la salute pubblica”, ha spiegato il sindaco Michael Bloomberg; Madrid (Spagna) 26 settembre 2012 – A Madrid si è svolta la manifestazione del movimento degli Indignados che si è conclusa con un bilancio di 64 feriti e 28 arresti […] Nel corso della protesta la polizia ha sparato proiettili di gomma contro i manifestanti […] A quel punto sono cominciati gli scontri, in una piazza gremita da qualche migliaio di indignados che chiedevano le dimissioni del Governo per una manovra economica giudicata durissima e iniqua […]… e l’elenco potrebbe continuare con centinaia di casi analoghi (continua). a cura di Riccardo Seremedi

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