L’importante è liberarsi al più presto di tutto ciò che rischia di ostacolare la propria illusoria “felicità”. Ma si può essere davvero felici dopo aver distrutto un matrimonio o soppresso una vita umana? Secondo certe persone, anche la Chiesa cattolica dovrebbe adeguarsi alla mentalità “usa e getta” dei nostri tempi e tollerare qualunque forma di arrogante materialismo. Si pretende di dare, ad ogni costo, una benedizione a stili di vita come le convivenze, i rapporti contro-natura, l’aborto, l’eutanasia, il divorzio, il commercio dei bambini con l’utero in affitto. Tutti, ovviamente, possono sbagliare. Dio è sempre pronto a perdonarci. Ma solo quando siamo sinceramente pentiti dei nostri errori. Oggi, purtroppo, accade esattamente il contrario. Trionfa la superbia di chi vorrebbe cambiare la dottrina della Chiesa, per accontentare qualunque tipo di capriccio. Invece di dire “Signore, perdonami, ho sbagliato”, si preferisce dire: “E’ la Chiesa che sbaglia. La Chiesa deve cambiare e adeguarsi ai tempi”. Eppure è così evidente che certi stili di vita non possono essere tollerati, se si vuole veramente bene alle persone. Se un medico non informa il paziente della sua malattia, compie un vero e proprio delitto. La stessa cosa accade se un sacerdote non dice con chiarezza alla gente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Proviamo a fare un esempio. Se una coppia di giovani convive senza sposarsi, il sacerdote non può dire: “Benissimo. Continuate così. Venite pure in chiesa a fare la comunione”. Al contrario, dovrebbe dire loro: “Dio vi ama. Dio vi cerca. Perché bruciare così la vostra vita? Fate uno sforzo per capire che l’amore non è un prestito. L’amore è un dono che deve saper guardare verso l’infinito”. Ma c’è anche un altro segnale d’allarme, che dovrebbe farci riflettere. Nella grande corsa al consumo del mondo di oggi, il corpo umano sembra essere diventato “merce”. Come un qualsiasi prodotto, viene esposto facilmente “in vetrina” ed offerto agli sguardi delle persone. La dittatura del consumo sta travolgendo il nostro corpo, sacrificato in fretta sui nuovi altari dell’apparenza. Per pensare di esistere, e credere di essere qualcuno, diventa sempre più necessario mostrarsi, esibirsi, apparire in modo provocatorio ed estremo. Pensiamo a ciò che accade in alcune discoteche. Sui cubi si esibiscono persone ridotte ad una banale dimensione di “corpo da guardare”. Non sono più esseri umani, ma soltanto belle statue in movimento, immerse in una musica assordante, che impedisce qualunque tipo di comunicazione.
Non a caso, una delle droghe più diffuse in alcuni locali da ballo si chiama “ecstasy”. E’ un nome simbolico, che svela il degrado di certi ambienti. La parola “estasi”, nel suo significato originale, indica lo stato di astrazione dell’anima dalle realtà terrene, verso la contemplazione di cose divine. In certe discoteche, invece, accade l’esatto contrario. Si vive una dimensione di “estasi rovesciata”, in cui il corpo ha il sopravvento sull’anima. Viene immediatamente mercificato, esposto, banalizzato, svuotato della sua natura umana e spirituale. Per combattere questa tendenza è necessario recuperare un’autentica cultura del limite, che deve essere alla base di ogni civiltà. Non bisogna inseguire i falsi modelli dei film, in cui le persone diventano bestie. Dobbiamo, invece, recuperare la consapevolezza di avere un’anima, un cuore che batte dentro di noi. Non buttiamo via la nostra vita! Rallentiamo! Aspettiamo! Assaporiamo ogni attimo della nostra esistenza, invece di bruciarlo! Invece di cercare ad ogni costo il mito della bestialità e dell’apparenza, facciamo uno sforzo per valorizzare la nostra natura umana, rifiutando la non-cultura di chi vorrebbe trasformarci in animali o in merce da esposizione! di Carlo Climati
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