Referendum trivelle: la Basilicata è stata l’unica regione italiana nella quale oltre un elettore su due ha scelto di esprimere il proprio voto (il 96% dei quali è stato favorevole all’abrogazione).
Motivi? Da loro il tempo era brutto e i cinema erano chiusi. O forse i lucani hanno quasi tutti la laurea in geologia e sono esperti in trivelle per cui vogliono dire la loro. O, terza ipotesi, sono da molto tempo al di sopra della media nazionale per amore alla democrazia e ai principi partecipativi. Insomma sono più politicamente sensibili, più socialmente sensibili, più ecologicamente sensibili. Più bravi. Cittadini modello.
A dirla tutta – non si può negare – il loro senso civico è stato molto potenziato dal fatto che lì in Basilicata, cioè nell’unica regione dove il referendum ha ottenuto il quorum (ripetiamolo), c’è pure il petrolio e pure l’immancabile inchiesta sul petrolio: quella che la procura di Potenza sta portando avanti sull’ipotesi di contaminazione ambientale delle aree adiacenti ai giacimenti di Tempa Rossa.
Insomma una persona malevola come me potrebbe pensare che l’Italia, rispetto alla Basilicata, si è comportata come quando nei nostri condomini sale l’odore di fogna dalle cantine ma lo sente solo il portiere che ha l’appartamento nel seminterrato (non me la vogliono i lucani che in questo esempio fanno la figura dei portinai) (che poi non c’è mica da vergognarsi a fare i portinai). Sapete, in quei casi, i condomini che abitano gli altri piani, soprattutto quelli superiori (tipo Trentino, Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia e così via) hanno – mettiamoci nei loro panni – una capacità di intervento innegabilmente molto lenta. Bisogna capirli: la puzza non sale con l’ascensore. E, finché non la puzza non la senti, perché devi spendere inutilmente i tuoi soldi? Meglio aspettare che marcisca per bene tutto. Che la muffa, dalle fondamenta, arrivi su su. In alto.
Diciamocelo: fino a due mesi fa noi italiani le trivelle non sapevamo neanche cosa fossero. Aggiungiamo che l’anticipo per il villaggio sulla spiaggia fronte mare/trivelle non l’abbiamo ancora dato, ed è chiaro a tutti perché il Bel Paese non ha raggiunto il quorum. Insomma quello delle trivelle è un problema lontano, di cui non si sente né la puzza né l’umido. Chi bazzica le riunioni condominiali li capisce gli italiani: provate a convincere chi è all’asciutto di dover spendere dei soldi perché il terrazzo condominiale non è più impermeabilizzato e l’acqua piovana ha ammuffito mezza parete della tua cucina, provate e scoprirete che chi è all’asciutto è sempre molto restio a spendere soldi a favore di chi sta in umido.
Che brutta figura abbiamo fatto con gli abitanti della Basilicata. Adesso, coi numeri alla mano, chi vuole capire davvero cosa significa vivere con le trivelle vicino a casa, può farlo.
Però, a pensarci bene, la colpa del fallimento del referendum, non è di Renzi o dell’egoismo degli italiani. È dei lucani. Che dovevano urlare di più, farsi sentire di più. Come devono fare le ragazze quando sono aggredite per strada per essere stuprate. La polizia dice che non devono gridare “aiuto” ma “al fuoco”.
Così la gente non si gira dall’altra parte, ma interviene. Perché così ha paura. Non per la ragazza, che c’entra? Per controllare che l’auto parcheggiata in strada di notte, non vada a fuoco.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost