“Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa. Gesù non solo ha voluto essere solidale con ogni persona. Egli stesso si è identificato con tutti quelli che soffrono”.
Terminato il discorso al Congresso, Papa Francesco si è recato nella parrocchia di St. Patrick per incontrare oltre duecento senzatetto di Washington ai quali ha confidato: “Voi mi ricordate san Giuseppe. I vostri volti mi parlano del suo”.
“Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa. Il Figlio di Dio ha saputo che cos’è cominciare la vita senza un tetto. Immaginiamo le domande di Giuseppe in quel momento: Come? Il Figlio di Dio non ha un tetto per vivere? Perché siamo senza casa? Perché siamo senza un tetto? Sono domande che molti di voi possono farsi ogni giorno. Come Giuseppe vi domandate: perché siamo senza un tetto, senza una casa? Sono domande che sarà bene farci tutti: perché questi nostri fratelli sono senza casa, perché questi nostri fratelli non hanno un tetto?”
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Le domande di Giuseppe rimangono presenti oggi, accompagnando tutti coloro che nel corso della storia hanno vissuto e si trovano senza una casa. Giuseppe era un uomo che si poneva delle domande, ma soprattutto era un uomo di fede. E’ stata la fede a permettere a Giuseppe di trovare la luce in quel momento che sembrava completamente buio; è stata la fede a sostenerlo nelle difficoltà della sua vita. Per la fede Giuseppe ha saputo andare avanti quando tutto sembrava fermarsi.
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“Davanti a situazioni ingiuste – prosegue Papa Francesco – la fede ci offre quella luce che dissipa l’oscurità. Come fu per Giuseppe, la fede ci apre alla presenza silenziosa di Dio in ogni vita, in ogni persona, in ogni situazione. Egli è presente in ciascuno di voi, in ciascuno di noi. (Voglio essere molto chiaro) Non troviamo nessun tipo di giustificazione sociale, morale, o di altro genere per accettare la mancanza di abitazione. Sono situazioni ingiuste, ma sappiamo che Dio le sta soffrendo insieme con noi, le sta vivendo al nostro fianco. Non ci lascia soli”.
“Gesù continua a bussare alle nostre porte, alla nostra vita. Non lo fa magicamente, non lo fa con trucchi, con cartelli luminosi o fuochi d’artificio. Gesù continua a bussare alla nostra porta nel volto del fratello, nel volte del vicino, nel volto di chi ci sta accanto”.
“Cari amici, uno dei modi più efficaci che abbiamo per aiutare lo troviamo nella preghiera. La preghiera ci unisce, ci affratella, ci apre il cuore e ci ricorda una verità bella che a volte dimentichiamo. Nella preghiera, tutti impariamo a dire Padre, papà, e in essa ci ritroviamo come fratelli. Nella preghiera non ci sono ricchi e poveri, ci sono figli e fratelli. Nella preghiera non ci sono persone di prima o di seconda classe, c’è fraternità”.
Il Papa alla fine invita i senzatetto a recitare tutti insieme il Padre nostro: “Come ci fa bene pregare insieme; come ci fa bene incontrarci in quello spazio dove ci guardiamo come fratelli e ci riconosciamo bisognosi dell’appoggio gli uni degli altri. Oggi voglio unirmi a voi, ho bisogno del vostro appoggio, della vostra vicinanza. Voglio invitarvi a pregare insieme, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. Così potremo portare avanti questo sostegno che ci aiuta a vivere la gioia di sapere che Gesù è sempre in mezzo a noi. Ve la sentite?”
E’ nella preghiera che il nostro cuore trova la forza per non diventare insensibile, freddo davanti alle situazioni di ingiustizia. Nella preghiera Dio continua a chiamarci e a spingerci alla carità.
Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0