Nelle comunità cristiane non possono mancare parole e gesti per accogliere le persone con disabilità e vanno formati catechisti capaci di accompagnarle a crescere nella fede e a diventare, da ultimo, loro stesse catechisti, anche con la loro testimonianza. Lo ha sottolineato Papa Francesco nell’udienza di questa mattina, in Sala Clementina, ai partecipanti al Convegno su Catechesi e persone con disabilitàorganizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Nel corso degli ultimi decenni, ha riconosciuto il Papa nel suo discorso, è cresciuta la “consapevolezza della dignità di ogni persona, soprattutto di quelle più deboli” , e questo ha portato a “posizioni coraggiose per l’inclusione” di chi vive con diverse forme di handicap. Ma a livello culturale “permangono ancora espressioni che ledono la dignità di queste persone per il prevalere di una falsa concezione della vita”. Una “visione spesso narcisistica e utilitaristica” ha detto Francesco, porta a considerare marginali le persone con disabilità, senza cogliere la loro “multiforme ricchezza umana e spirituale “.
“E’ ancora troppo forte” – ha spiegato il Papa – “nella mentalità comune un atteggiamento di rifiuto di questa condizione, come se essa impedisse di essere felici e di realizzare sé stessi. Lo prova la tendenza eugenetica a sopprimere i nascituri che presentano qualche forma di imperfezione. In realtà, tutti conosciamo tante persone che, con le loro fragilità, anche gravi, hanno trovato, pur con fatica, la strada di una vita buona e ricca di significato. Come d’altra parte conosciamo persone apparentemente perfette e disperate!”
Perché è un pericoloso inganno pensare di essere invulnerabili, ha aggiunto il Papa, ricordando le parole di una ragazza incontrata nel recente viaggio in Colombia: “la vulnerabilità appartiene all’essenza dell’uomo”.
“La risposta è l’amore: non quello falso, sdolcinato e pietistico, ma quello vero, concreto e rispettoso” ha spiegato ancora il Pontefice. Perché nella misura in cui si è accolti e amati, inclusi nella comunità si sviluppa il vero percorso della vita e si fa esperienza della felicità duratura. Vale per tutti noi, ma soprattutto per le persone più fragili. La fede ci consente “di toccare con mano la presenza di un Padre che non lascia mai sole le sue creature, in nessuna condizione della loro vita”.
Per questo la Chiesa non può essere “afona” o “stonata” nella promozione delle persone con disabilità. La sua vicinanza alle famiglie le aiuta a superare la solitudine che rischia di colpirle “per mancanza di attenzione e di sostegno”.
“Questo vale ancora di più” ha chiarito il Papa “per la responsabilità che possiede nella generazione e nella formazione alla vita cristiana. Non possono mancare nella comunità le parole e soprattutto i gesti per incontrare e accogliere le persone con disabilità. Specialmente la Liturgia domenicale dovrà saperle includere, perché l’incontro con il Signore Risorto e con la stessa comunità possa essere sorgente di speranza e di coraggio nel cammino non facile della vita”.
La catechesi, ha detto Papa Francesco, è quindi “chiamata a scoprire e sperimentare forme coerenti perché ogni persona, con i suoi doni, i suoi limiti e le sue disabilità, anche gravi, possa incontrare nel suo cammino Gesù”. Nessun limite fisico e psichico potrà mai essere un impedimento a questo incontro. E noi ministri della grazia di Cristo, stiamo attenti “a non cadere nell’errore neo-pelagiano di non riconoscere l’esigenza della forza della grazia che viene dai Sacramenti dell’iniziazione cristiana”.
“Impariamo a superare” ha concluso Francesco “il disagio e la paura che a volte si possono provare nei confronti delle persone con disabilità. Impariamo a cercare e anche a “inventare” con intelligenza strumenti adeguati perché a nessuno manchi il sostegno della grazia. Formiamo – prima di tutto con l’esempio! – catechisti sempre più capaci di accompagnare queste persone perché crescano nella fede e diano il loro apporto genuino e originale alla vita della Chiesa. Da ultimo, mi auguro che sempre più nella comunità le persone con disabilità possano essere loro stesse catechisti, anche con la loro testimonianza, per trasmettere la fede in modo più efficace”.
di Alessandro Di Bussolo per la Radio Vaticana
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