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La certezza di essere umani

Tutto ciò che riempie la nostra esperienza umana fatta di relazioni, scelte, errori e progetti rischia di scivolare nel turbine del non-senso e della superficialità a causa dei ritmi post-umani che siamo costretti a vivere. Ma quando si smarrisce il senso della vita e la gioia di amare corriamo il rischio di precipitare negli integralismi. A volte siamo sicuri di essere quelli che non siamo e siamo meno certi di essere voluti e amati comunque siamo.

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La parola sicuro deriva dall’unione di due parole latine: se + cura. Letteralmente vuol dire mettere da parte la preoccupazione, la titubanza o il dubbio. La parola certo deriva dalla medesima lingua classica ed è il participio passato del verbo cernere. Che vuol dire separare, dividere e scegliere.

Recuperare il senso della vita e la nostra identità vuol dire diventare meno sicuri e più certi. La persona troppo sicura di sé rischia di irrigidirsi o di costruirsi una falsa idea di sé che impone senza mezza misura a coloro che lo circondano. Gli altri diventano mezzi per ottenere ciò che desidero e io divento l’ombelico del mondo. Chi è sicuro di sé vive in uno stato di perenne euforia eroica: nulla lo inquieta, la sofferenza non lo turba, la storia non lo coinvolge e finge di non aver paura. L’uomo sicuro di sé cela la sua fragilità dietro una maschera di ferro e fonda la sua esistenza sulle sicurezze materiali, su relazioni interessate e sull’ascesa sociale. Chi è sicuro di sé ha paura dei dubbi e pertanto li evita, li camuffa e li scimmiotta; si costruisce una castello fatto di galatei, ideologie e alibi. La sicurezza diventa patologica quando pretende di contenere il mistero dell’uomo, di risolvere tutti i problemi, di avere la risposta pronta a tutte le domande o di arrivare a Dio.

Avere certezze è dunque ben altro. Vuol dire aver attraversato le delusioni, le difficoltà e le incomprensioni e aver ricavato da esse il sale della vita. Le certezze sono infatti tutto ciò che rimane quando ci percepiamo come falliti, le certezze sono le ali di riserva che ci tengono in volo mentre stiamo per precipitare. Le certezze sono i frutti più maturi di una vita che non si lascia trascinare dallo scorrere del tempo ma valuta ciò che accade e trattiene il meglio: cercare e scegliere il meglio vuol dire fondare la propria vita su ciò che resta anche quando le sicurezze diventano polvere. Avere certezze vuol dire sentirsi fragili e quindi umani ma non per questo inutili.

Come recita una bella preghiera del card. Dearden: “Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene. Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino”.

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David Maria Turoldo religioso inquieto così si esprimeva: “La mia vocazione non è mai stata tranquilla, e non lo è neppure oggi. Infatti io non sono mai sicuro di me stesso. La sicurezza è una categoria che non mi appartiene; e spesso nei miei scritti io ho distinto tra sicurezza e certezza. Ad esempio, io sono certo di Dio, ma non sono mai stato sicuro di raggiungerlo; io sono certo di un progetto, cioè sogno di Dio che attraversa tutta la storia e la creazione, e che questo progetto è la realizzazione della stessa umanità: del regno dell’umanità composta nell’amore. E questo è vero, che si creda o non si creda; ma non sono sicuro che questo si realizzi.  Ancora: io non sono sicuro di essere davvero un cristiano; cerco di esserlo, mi propongo di esserlo; faccio di tutto per esserlo, ma non sono sicuro che ci riuscirò.  E ugualmente dico riguardo alla mia fede: io non sono mai sicuro di credere; cerco di credere, voglio credere; sento che senza fede non potrei vivere, ma basta tutto questo per dire di credere?

di Roberto Oliva

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