Parlando di vocazione spesso si fa riferimento alla chiamata del Signore che occorre sentire prima di rispondere. Sappiamo che questa chiamata supera i mezzi consueti della comunicazione per servirsi di canali più originali e sorprendenti. Il Signore può attirare a sé dopo una malattia, una delusione o un duro periodo di ribellione; papa Francesco incontrando alcuni ex tossicodipendenti nella parrocchia della Magliana ha detto: “ Dio si incontra non solo in Chiesa, ma anche nelle nostre debolezze!” Occorre affinare l’udito del cuore perché in ogni caduta siamo pronti ad ascoltare la voce di colui che ci chiama per rialzarci e fare del nostro fallimento un’occasione di rivincita grazie a Lui. Persino i dubbi e la ribellione che solo apparentemente ci fanno allontanare da Lui, in realtà ci avvicinano sempre di più a Lui facendolo diventare l’amico, il confidente, il padre col quale dialogare e a volte anche litigare. Se pensiamo di bastare a noi stessi, ogni debolezza sarà sempre una sconfitta e non occasione di incontro con la Sua grandezza. Si capisce bene che questa mistica della debolezza può essere vissuta solo in una vita che sa amare il silenzio, che sa mettere da parte tutte le distrazione e concentrarsi sull’essenziale. Il frastuono e le chiacchiere rendono sordo il nostro cuore o rischiano di farlo addormentare diventando così incapace di stupirsi e a volte anche di innamorarsi. di Roberto Oliva
La chiamata del debole
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