C’è una fascia di uomini “fantasma”, spesso emarginata. Uomini indifesi, deboli, soli. Persone che hanno avuto problemi con la giustizia, uomini che hanno perso il lavoro e la famiglia, storie di sofferenza e di bisogno di casa nostra a cui si aggiungono gli immigrati che dopo aver vissuto per un periodo nei Centri di accoglienza straordinaria, i Cas, restano abbandonati a se stessi.
La parrocchia del Cuore Immacolato di Maria di Cuneo per queste persone sta sperimentando un progetto che di riscatto sociale. Dalla “sensazione” di non avere gli strumenti per rispondere a queste povertà è nata, infatti, l’idea di fare un orto : perché «se aspetti che le istituzioni facciano qualcosa, queste persone vanno tutti i giorni a pranzo alla Caritas, ma di fatto entrano in un circolo vizioso, in attesa», dice don Carlo Occelli, il parroco del Cuore Immacolato ad Agensir (2 gennaio).
Così, a chi bussava in canonica, ha cominciato a dire «Se vuoi qualcosa, fai qualcosa«: potare le rose del giardino intorno alla chiesa, togliere le foglie, pulire l’oratorio. L’esigenza di continuità ha fatto nascere l’orto. Le Suore Giuseppine hanno messo a disposizione 700 metri quadrati di terra, in un angolo della città con vista sulla Bisalta, la montagna simbolo di Cuneo. Una bellissima “location”, sottolinea Chiara, tra i volontari che si sono lasciati coinvolgere in questa avventura.
La terra ha prodotto per tutta l’estate verdura da mangiare e vita da condividere, in abbondanza. «Penso che la cosa più importante» rispetto alle povertà della nostra città «sia dare lavoro e dignità alla gente e mi sembra che con l’orto entrambe le cose si realizzino. Perché coltivare la terra è un lavoro antico e pieno di significati: getti un seme e miracolosamente nascono le piantine, vedi il risultato di quello che fai tu ed è una grande soddisfazione », spiega Chiara che in tutti gli anni di lavoro non ha mai fatto così poche ferie come l’estate scorsa.
Il raccolto è andato in parte al centro viveri parrocchiale e distribuito al mercoledì insieme al latte, i biscotti, l’olio alle famiglie bisognose del territorio; parte della verdura è finita sulla tavola della canonica, che di fatto è diventata una mensa, dove ogni giorno si siedono 12-14 persone in difficoltà.
Un’altra parte è stata messa a disposizione dei parrocchiani che “comprando” la lattuga, i pomodori, i fagiolini, biologici e a chilometro zero, hanno sostenuto il progetto che così si è auto-finanziato, grazie anche al premio ricevuto con il concorso “Tutti per tutti” della Conferenza episcopale italiana. Senza troppo clamore, nei mesi passati, sono nati tre alloggi di accoglienza, nel territorio della parrocchia, per questi uomini in difficoltà. Anche la casa parrocchiale ha aperto le sue porte facendo spazio ad altre sei persone.
Oltre a chi lavora nell’orto c’è chi fa i biscotti nella cucina dell’oratorio, anche questi offerti ai parrocchiani la domenica dopo messa, o finiti nei cesti natalizi con i manufatti del centro anziani parrocchiale, o marmellate e zuccherini sotto spirito, sempre di produzione propria. Nella mente fervida di don Carlo c’era l’idea di fare anche un “pane della solidarietà”: poco prima di Natale è arrivata in dono anche un’impastatrice.
Ora don Carlo e i ragazzi stanno facendo gli esperimenti per il pane. Sarà un altro modo per ridare dignità alle persone, permettendo loro «di vedere che sono capaci di fare qualcosa, di guadagnarsi da vivere».
Fonte it.aleteia.org/Gelsomino del Guercio
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