SGUARDO SULL’ANNO PASTORALE – Sono così tante le parrocchie, i movimenti, i gruppi di famiglie, di giovani, di professionisti, che sono attivi e portano esperienze comunitarie piene di vita, addirittura anche in regioni in cui sembrava che la Chiesa stesse per scomparire, che non possiamo disperare. No all’autoreferenzialità, come ci insegna il Papa. E facciamo come i nostri vescovi: guardare in alto per capire la realtà di quaggiù.
L’ultimo anno pastorale della Chiesa in Europa riflette ancora una volta chiaramente la natura e la vocazione della Chiesa a essere famiglia di Dio nel mondo.
Sono davvero tante le cose che accadono in Europa – grazie a Dio! – e spesso esse sono paradossali. Già Henri de Lubac parlava della dimensione paradossale della fede cristiana. Si pensi ad esempio al costante invito che Papa Francesco rivolge a tutti noi cristiani a essere gioiosi per poter portare a tutti la gioia di Dio; e come nello stesso tempo questo appello alla gioia associa a sé la preoccupazione per la situazione di disagio di tante persone che soffrono accanto a noi. La bellezza del Vangelo è proprio questa: prendere sul serio le sofferenze nostre e altrui senza lasciarci però offuscare dalla paura. Gesù ci chiede di prendere la croce e, allo stesso tempo, assicura la sua presenza vittoriosa nel nostro cammino.
Guardando ai tanti eventi e incontri organizzati nell’ultimo anno, ma anche ai numerosi discorsi e documenti elaborati dalle Conferenze episcopali d’Europa per discernere la realtà e spingere i cristiani a un maggiore impegno nel testimoniare Cristo nella loro vita quotidiana, la Chiesa in Europa fa eco della complessità della realtà in cui viviamo. Questa realtà umana, a volte difficile, crudele e impermeabile al cristianesimo, è d’altra parte la stessa in cui incontriamo Cristo il quale non permette che ci spaventiamo, come se la Chiesa in Europa non avesse futuro. Sono così tante infatti le parrocchie, i movimenti, i gruppi di famiglie, di giovani, di professionisti, che sono attivi e portano esperienze comunitarie piene di vita, addirittura anche in regioni in cui sembrava che la Chiesa stesse per scomparire, che non possiamo disperare. La stessa crisi economica, che ha fatto soffrire molti e continua a essere particolarmente dura per tante persone e famiglie, ha fatto vedere il volto vivo della carità cristiana, sia di quella organizzata sia quella spontanea. E la carità, quando sorge dalla linfa della fede, è sempre l’espressione più bella della vita cristiana.
Numerose sono le sfide poste alla Chiesa che le giungono sia dai propri figli, sia dal mondo in cui vive: la crisi economica, la disoccupazione, l’invecchiamento demografico, gli immigrati dimenticati, le famiglie che non si mantengono unite, la secolarizzazione, l’indifferenza religiosa, e di nuovo la mancanza di pace in alcune regioni dell’Europa e del mondo… Tutti questi problemi e molti altri non possono mai lasciare un cristiano indifferente. In tutto ciò, l’episcopato europeo e il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) non sono al margine. Sappiamo tutti che questi problemi non si risolveranno mai senza un vero impegno solidale che sorge da una Chiesa viva, che è in grado di guardare la realtà in tutta la sua drammaticità per potere diventare protagonista di cambiamenti giusti e veri. Ma molto rimane da fare. Quante volte, infatti, sarebbe stato importante essere ancora più attenti, quante volte siamo stati distratti da cose secondarie!
Anche le difficoltà interne alla Chiesa sono una costante in Europa. Il Papa ci ha richiamati, sin dall’inizio del suo pontificato, a non essere autoreferenziali. Pensiamo alla riforma della Curia vaticana – e forse delle diocesi -, pensiamo al sinodo della famiglia, all’ecumenismo, ai tanti cattolici che non partecipano più alla messa domenicale… La Chiesa non risolve i suoi problemi guardando a se stessa o sognando un futuro migliore, ma solo guardando al volto di Gesù ed entrando in un rapporto più forte con lui. Negli incontri che il Ccee ha organizzato, ma anche in altre occasioni promosse dalle Chiese locali, è evidente che i vescovi cercano di “guardare in alto” per capire la realtà di quaggiù. È, inoltre, con gli occhi e le orecchie aperti alla testimonianza del fratello di un altro Paese che è possibile comprendere sfide sempre più globali e assumere consapevolmente quanto accade nel nostro continente.
Una nota è chiara in tutto quello che stiamo vivendo: la necessità di una crescente attenzione attorno alla persona di Gesù Cristo. Ormai è passato il tempo in cui si viveva dando per scontata la fede e in cui la Chiesa pensava di potersi dedicare solo ai temi della morale o all’organizzazione di gruppi parrocchiali. Oggi la grande sfida è senza dubbio quella dell’evangelizzazione. È l’incontro con Gesù, con la sua persona, con la sua misericordia e quindi anche con la sua Parola che guida alla pienezza di vita e al dono di se stessi per gli altri. di Duarte da Cunha – segretario generale Ccee per Agensir