Invece di rilanciare gli impegni ecclesiali, mantenere quei pochi che esistono e continuare a formare i fedeli perché comprendano a fondo ciò la Chiesa stessa offre, in termini di possibilità, si tende piuttosto a ‘mollare’ la presa, forse per comodità, forse per incapacità di gestione e formazione. Non sappiamo se sia un ‘peccato vieniale’ o ‘mortale’, ma di sicuro la strada intrapresa non è la via saggia e giusta. Almeno per noi.
La situazione, raccontata dal quotidiano dei Vescovi ‘Avvenire’, ricorda che la decisione è già stata presa ad esempio ad Agrigento e a Catania, a Viterbo e a Grosseto, a Mazara del Vallo e a Sulmona-Valva. E poi a Cosenza-Bisognano, a Ventimiglia-Sanremo, a Sabina-Poggio Mirteto, a Spoleto-Norcia (solo per quelli della Cresima).
Anche l’arcidiocesi di Palermo, dopo altre diocesi italiane – sospende ad experimentum, dal 10 luglio 2023 e per la durata di un triennio, l’ufficio di Padrino e di Madrina nel Battesimo dei bambini, nella Confermazione degli adolescenti e degli adulti, nonché nell’Iniziazione Cristiana degli adulti.
La decisione è arrivata con un decreto firmato dall’arcivescovo Corrado Lorefice il 31 gennaio. In esso si ricorda che il ruolo del Padrino e della Madrina, in occasione della celebrazione dei Sacramenti del Battesimo e della Cresima, è un vero e proprio munus che la Chiesa affida ai fedeli che abbiano “l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico” e che conducano una vita conforme alla fede e al compito che si assumono.
Il problema è che “nel corso del tempo convenzioni sociali e abitudini consolidatesi hanno compromesso l’autentico significato di questo ufficio esercitato a nome e per mandato della Chiesa”. Infatti questo ufficio è stato “confuso spesso con relazioni di parentela — se non addirittura con legami ambigui — e relegato, il più delle volte, al solo momento rituale”. Tanto da perdere “l’originario significato di accompagnamento nella vita cristiana del battezzato e del cresimato, riducendosi a semplice ‘orpello coreografico’ in una cerimonia religiosa”.
Monsignor Lorefice ricorda poi che ormai da tempo si discute sull’opportunità o meno di sospendere o abolire l’istituto del “padrinato”, che oltretutto è ritenuto, di fatto, non obbligatorio dallo stesso Codice di Diritto Canonico. Di qui, anche in vista della “necessità di dare nuovo impulso alla prassi sacramentale”, la scelta di “ripensare” il ruolo del Padrino e della Madrina “anche nella nostra Arcidiocesi”.
Oltre alla sospensione triennale dell’ufficio di Padrino e Madrina, il decreto di monsignor Lorefice da mandato agli Uffici Liturgico e Catechistico, insieme al Servizio Catecumenale della diocesi, “di monitorare e verificare”, durante questo periodo, “l’andamento della nuova prassi e, contemporaneamente, di studiare possibili nuove forme di accompagnamento che richiamino e recuperino il vero senso ecclesiale dell’ufficio del padrino e della madrina”.
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