Padre Dwight Longenecker, un ex religioso anglicano convertitosi al Cattolicesimo, attraverso un articolo pubblicato nel blog “Crux” pone una domanda molto interessante: la Chiesa di Roma è sull’orlo di uno scisma? Partendo da un ragionamento di Daniel Maguire, teologo ed insegnate di storia delle religioni alla Marquette University di Milwaukee, egli delinea il profilo di tre gruppi che oggi, a suo parere, caratterizzano il corpus dei fedeli che si dichiarano cattolici:
Vi sono i tradizionalisti, ovvero coloro che preferiscono il rito antico, la messa tridentina.
Aderiscono in toto al Catechismo di Baltimora (1885), a quello di Pio X (1889) e agli insegnamenti precedenti il Concilio Vaticano II (1962 – 1965).
Sono attivi nelle battaglie a favore della vita e della famiglia tradizionale; diffondono ed amano particolarmente la musica sacra antica, la finezza della liturgia e le forme classiche dell’architettura. Sono a favore del celibato per un clero esclusivamente maschile, della promozione della vita monastica e della riscoperta di molte antiche devozioni.
Ci sono poi i magisteriali, coloro che pongono assoluta fiducia nel Papa e si attengono agli insegnamenti del magistero prima d’ogni altra cosa. Sebbene siano concordi con i princìpi del Concilio Vaticano II, vorrebbero “riformare la riforma”. Celebrano il Novus Ordo Missae con devozione, rispetto e solennità.
I magisteriali amano occuparsi d’evangelizzazione, apologetica e difesa dei valori cattolici; ritengono inoltre che la Chiesa dovrebbe comunicare al mondo e ai giovani usando più spesso i nuovi media rimanendo tuttavia assolutamente fedele ai millenari insegnamenti.
I magisteriali aderiscono alla tradizionale visione cattolica riguardo la fede e la morale cercando di vivere il tutto in maniera “aggiornata”. George Weigel li definisce “cattolici evangelici”.
In ultimo abbiamo i progressisti.
In genere molto attivi nelle questioni riguardanti la pace, la giustizia e l’equità, amano concentrare le proprie risorse nell’aiuto dei più sfortunati, augurandosi un rinnovo sia politico che religioso.
I progressisti sono più inclini ad abbracciare forme di culto più aperte, alternative forme di spiritualità, e vorrebbero rendere la fede cattolica più “alla mano”: proprio per tale motivo ritengono che la Chiesa si dovrebbe adattare ai tempi che cambiano.
Sono inoltre molto sensibili ai temi della pastorale e dell’ecumenismo: vedono infatti la dottrina e la morale cattolica come delle linee guida su cui basare un’interpretazione che può variare a seconda delle circostanze. Daniel Maguire riassume il loro pensiero così: “I progressisti non hanno bisogno del Vaticano. La loro coscienza è il loro Vaticano”.
Oltrepassate le chiare generalizzazioni (è difatti possibile che alcune descrizioni siano interscambiabili; riteniamo inoltre vi siano sin troppe semplificazioni), padre Dwight Longenecker in particolare individua la presenza d’un “rischio scisma” sia tra le file dei tradizionalisti più estremisti – paventando un possibile aumento dei conclavisti – sia tra le file dei progressisti, già noti al grande pubblico per le ambigue prese di posizione e la continua richiesta di revisione della dottrina.
Questa tripartitica divisione, nella logica dell’articolo, punta a superare il bipartitismo tanto caro ai media, i quali per decenni hanno sostenuto un manicheismo che vedeva fedeli e religiosi conservatori scontrarsi con i rivoluzionari modernisti.
È tuttavia giusto parlare d’una crisi talmente tanto profonda da poter sfociare in uno scisma di grandi dimensioni?
La ferita nel Corpo Mistico
Derivante dal verbo greco σχίζω («dividere»), lo scisma nel Cattolicesimo è un atto di separazione causato da una divisione all’interno della Chiesa.
Questa volontà di separazione può essere manifestata, incitata o ufficiale: mentre nel primo caso vi è, per l’appunto, una semplice manifestazione dell’intento, nel secondo vi si aggiunge l’incitamento che viene rivolto ad altri. Uno scisma diviene infine ufficiale nel momento in cui una fazione si separa da Roma definitivamente con un atto specifico.
Anche definito “ferita” o “strappo nel Corpo Mistico di Cristo“, lo scisma nel corso dei due millenni di storia cristiana è divenuto un termine tristemente spesso utilizzato.
Sebbene, in tutto, se ne possano contare undici maggiori, in verità è impossibile compilare un’esauriente lista: solo negli ultimi 40 anni sono stati nominati più di 30 Antipapi (non contando i loro successori), ognuno di diverse comunità.
L’attuale equilibrio tra le diverse anime all’interno della Chiesa non può di certo definirsi stabile: in verità sono in molti, compreso padre Longenecker, a parlare d’una difficilissima convivenza in continuo peggioramento.
Alcuni religiosi noti al grande pubblico, tra i quali troviamo monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano ed il cardinale Gerhard Ludwig Müller, da tempo si pronunciano con fermezza contro “venti nuovi che non appartengono allo Spirito Santo“, degli spiriti di divisione e confusione che, in special modo negli ultimi anni, sembrerebbero guadagnare forza all’interno di circoli, parrocchie, diocesi ed arcidiocesi.
Secondo il noto storico Roberto de Mattei, invece, lo scisma sembrerebbe di fatto già esserci nella Chiesa. Il professore di Storia Moderna e Storia del Cristianesimo presso l’Università Europea di Roma ritiene infatti prossima l’ufficializzazione della rottura da parte della corrente progressista: “Lo scisma nella Chiesa già esiste di fatto e le dichiarazioni della Conferenza Episcopale Tedesca sono su questa linea“.
Effettivamente le sessioni del Sinodo sulla Famiglia nel 2014 e nel 2015 hanno ampiamente mostrato segni di profonde spaccature, ingerenze esterne, tentativi di manipolazione sfociati in scandali, clamorose rivelazioni e pettegolezzi. Tutto ciò, come molti ben sanno, non è che la manifestazione d’uno scontro che si protrae da decenni, uno scontro divenuto sempre più visibile ed aperto.
Uno scontro che la recente Esortazione Apostolica «Amoris Laetitia» di Papa Francesco sembrerebbe favorire piuttosto che sedare data la sua estrema – e pericolosissima – vaghezza riguardo i temi più importanti: in molti, tra i quali è possibile annoverare il cardinale Raymond L. Burke ed in ultimo monsignor Athanasius Schneider, definiscono alcuni passi “oggettivamente passibili di cattiva interpretazione“.
Le – volute – cattive interpretazioni chiaramente non sono mancate (sostenute a gran voce dai mass media), mostrando al mondo intero la chiara intenzione d’una parte di fedeli e religiosi cattolici di voler “prendersi” le aperture pastorali e dottrinali richieste in passato piuttosto che rimettersi ad un’autorità o al Magistero.
In questa logica di “conquista forzata” ogni possibile dibattito, ogni possibile concilio, ogni possibile sinodo è vano, e la Chiesa Cattolica corre il rischio di lasciarsi sopraffare dall’interno dirigendosi in futuro verso l’aperta eresia, verso il negamento del peccato in nome d’una falsa misericordia.
Quo vadis, Domine?
Parlare di scisma, come sottolinea De Mattei, non è inopportuno né provocatorio.
Parlare di scisma, senza dubbio argomento fastidioso e terribile, significa mettere in luce le profonde spaccature all’interno della comunità cristiana ed individuare i pericoli che la stessa incontra nel cammino.
Parlare di scisma significa affrontare una possibilità forse non troppo remota al giorno d’oggi.
La finale visione estremamente ottimistica e idilliaca di Padre Dwight Longenecker, sebbene auspicabile in quanto conciliatoria, non trova un riscontro nella realtà e non può trovare terreno fertile nell’aspra battaglia tra fazioni.
Minacciose nuvole scure avvolgono la sede di Pietro; uno strano presentimento aleggia nell’aria: il presentimento che, questa volta, sia in pericolo la stessa esistenza della Chiesa Romana.
E mentre il popolo cattolico discute e litiga allontanandosi sempre di più da Roma, una figura ben nota s’incammina sulla via Appia, verso la capitale.
Tutti in coro Gli chiedono: “Quo vadis, Domine?“.
“Eo Romam, iterum crucifigi“.
Redazione Papaboys (Fonte www.veniteadme.org)
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