Un tempo quando pensavo alla comunione dei santi immaginavo una specie di tavolone rotondo, su in cielo, in cui un comitato centrale generale esecutivo amministrava le faccende umane, una specie di gigantesco consiglio dei ministri all’ennesima potenza, anzi onnipotenza, che governava il mondo quaggiù su delega del presidente del consiglio. San Francesco ministro delle Finanze, san Giovanni Bosco all’Istruzione, san Michele Arcangelo ministro della Difesa, santa Caterina ai Rapporti col Parlamento, santa Giovanna d’Arco l’avrei messa agli Esteri.
Adesso, pur non disdegnando certo l’intercessione dei santi – santa Teresina è indubitabilmente il mio agente letterario, tanto per cominciare, mentre santa Speranza di Gesù mi fa un po’ da nonna per i miei figli, suggerisce anche ai compiti in classe, qualche volta, se riesco a mandarla in classe (bisogna finire la novena in tempo) – mi sono fatta un’altra idea della comunione dei santi.
Nella mia comunione adesso ci sono i santi comuni, quelli che non sono stati canonizzati. Innanzitutto mi rivolgo spesso alle anime del purgatorio, le anime sante, appunto, che avendo bisogno delle nostre preghiere sono sempre molto sollecite ad accorrere in nostro aiuto. Io le uso spesso come sveglia, quando non ce l’ho o non voglio disturbare mio marito. Facciamo dei patti: chiedo alle anime sante di svegliarmi, e in cambio faccio dire una messa per loro, o magari prego una decina. Lo posso scrivere solo qui perché credo che su qualsiasi altro giornale verrei presa per pazza, ma qui lo posso dire: funziona. Le anime del purgatorio sono proprio fratelli e sorelle nostre, e ci danno una mano nelle nostre necessità. Me lo ha insegnato una suora al catechismo, poi per qualche anno non mi sono ricordata di approfittare di questa fratellanza, fino a quando, una quindicina di anni fa un’altra suora non mi si è parata davanti, praticamente in mezzo alla strada. Stavo guidando. Per non prenderla sotto mi sono fermata. La suora è venuta al finestrino. “Grazie di essersi fermata!” Risposta pensata: “guardi che non mi sarei fermata, è lei che mi si è messa a un centimetro dal cofano”; risposta data: “Ma si figuri, mi dica”. Mi ha chiesto di portarla all’ospedale, doveva fare una fisioterapia e non aveva i soldi per il taxi. Così si era rivolta alle anime del purgatorio per chiedere un passaggio. Pare che quando mi ha visto passare ha sentito che ero io la persona giusta. A parte che mi era sembrata buffissima, mi aveva fatto tornare in mente il suggerimento ricevuto tanti anni prima, e da allora anche io ricorro spesso a queste sorelle e fratelli maggiori (più che come radio taxi come dicevo come sveglia, navigatore, segretaria).
C’è poi un’altra comunione che mi sostiene, ed è quella con gli amici in carne ed ossa. Abbiamo bisogno degli amici, nel cammino verso il cielo. Gli amici di carne ed ossa, che ci facciano compagnia nella battaglia quotidiana. È vero che il nostro posto in trincea non lo può prendere nessun altro al posto nostro, ma è vero anche che nessuna trincea può essere occupata da un solo soldato. Bisogna avere dei compagni, a fianco, che ti diano una mano se sei ferito, che ti avvisino quando sta arrivando l’attacco, che ti diano da bere quando sei stremata, che ti riscaldino quando hai freddo.
Gli amici innanzitutto ti fanno vedere che vivere da cristiani è possibile. È possibile essere fedeli tutta la vita a una persona. È possibile seguire i metodi naturali ed essere aperti alla vita. È possibile accogliere i figli, cercare di educarli. È possibile non seguire la massa e fare le scelte di tutti: opporsi da soli è troppo dura, ma opporsi insieme a degli amici sembra fattibile.
Gli amici mi hanno fatto vedere con la loro vita per esempio che era possibile trovare un tempo per pregare e andare alla messa tutti i giorni. Lo devo a un’amica che si chiama Elisa, e che riusciva a trovare questi momenti. “Sì, certo, sei brava, ma sai io ho quattro figli…” – mi ricordo che le dissi. “Anche io!” – rispose. “Va bene, ma poi io lavoro…” “Anche io!” A quel punto mi innervosii un po’, però sulla fiducia provai, e mi resi conto che come aveva detto Elisa innanzitutto era possibile, e poi la cosa mi avrebbe cambiato la vita.
Tutto quello che vivo, o provo a vivere, da cristiana, lo faccio perché ho visto qualcun altro farlo. Siamo fatti così, abbiamo bisogno di questa amicizia. La Chiesa è soprattutto questo. Testimoni, passaparola, amici, compagni di cammino.
Se non fosse stata necessaria questa compagnia di carne Dio non avrebbe voluto la Chiesa. Ci avrebbe mandato delle agili istruzioni su un foglietto, o su dei cartelloni, o magari dei segnali lampeggianti. Ma l’uomo non è fatto così, il suo cuore misterioso non funziona così, e Dio lo sa, perché è lui che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.
Gli amici a volte sanno anche rompere le scatole, si chiama correzione fraterna, ma a volte non è fraterna per niente. Io ho delle amiche moleste che non mi lasciano in pace quando si accorgono che sto sbagliando in qualcosa di grosso, e non le ringrazierò mai abbastanza (anche se lì per lì come dicevo sono moleste). Gli amici in Cristo sanno anche custodirci se sbagliamo strada. Poi ci sono momenti in cui siamo stanchi, abbiamo solo voglia di una spalla su cui piangere, o magari su cui addormentarci in un sonno ristoratore, e anche per quello ci sono i compagni di fede: anche solo per stare vicini a noi, in silenzio.
Credo che uno dei motivi per cui lo Spirito abbia ispirato la nascita dei movimenti e delle realtà ecclesiali sia proprio questo: perché nessun cristiano sia lasciato solo nel suo cammino quotidiano. Io personalmente non appartengo a nessun movimento, gruppo, spiritualità particolari. Sono, come dico sempre, una cattolica diocesana, ma ho lo stesso tanti amici in Cristo, seppur non organizzati o strutturati. Come dico sempre alle mie amiche, siamo in un monastero wi-fi: siamo consorelle, ma siamo legate da un collegamento wireless. Il nostro convento non ha pareti comuni, ma ci sentiamo comunque vicine di cella, e comunichiamo con un collegamento dall’alto, via cavo come diciamo noi. A volte preghiamo fisicamente insieme, altre volte lo facciamo, magari in contemporanea, magari avvisandoci con un messaggio, chiedendo a un’amica di farci compagnia per una decina di rosario sincronizzato dall’altra parte dell’Italia.
Altre volte gli amici ci servono quando la grazia da chiedere, per noi o per qualcun altro, è proprio grossa. Allora ci vuole qualcuno che ci dia man forte. Altre volte ancora gli amici ci aiutano a capire le cose, ci sciolgono dubbi, consigliano letture, incontri, frequentazioni.
Io credo che solo un giorno, in cielo, scopriremo quanto sarà stata potente questa amicizia grande, e scopriremo chi si è sacrificato per noi, chi ha pregato o digiunato, o offerto fioretti in silenzio per noi. Capiremo che gli amici, senza che noi ce ne rendessimo conto, ci hanno salvato la vita. di Costanza Miriano ( www.costanzamiriano.com )
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