Moggi oltre ad essere stato Dirigente sportivo della Juventus, lo è stato anche della Roma, del Lazio, del Torino, del Napoli, insomma per ben 40 anni è stato immerso nel mondo del calcio, sin dal 1970. Oggi si occupa di giornalismo infatti scrive per il quotidiano Libero, per il settimanale Tempi ed è opinionista nella trasmissione “Diretta Stadio” e su Radio Manà Manà. Come tutti ricorderete, Luciano Moggi è stato al centro dello scandalo calciopoli nel 2006, in cui l’ex Dirigente juventino era considerato uno dei principali imputati. Ma il giudizio definitivo non c’è ancora stato, e Moggi continua a dichiararsi innocente. Oggi pero’ parliamo più di fede, che di calcio!
Lei si è avvicinato alla fede durante il periodo in cui scoppiò lo scandalo calciopoli?
No io sono sempre stato religioso sin da piccolo, devo dire che non sono mai stato un bigotto ma un credente sì. E’ stata proprio la fede che mi ha aiutato in quel periodo nero in cui si sono inventate sul mio conto tante cose. Io non mi sono avvicinato alla fede solo in quel momento, hanno anche detto che io sono stato a Lourdes per chiedere una grazia inerente al calcio, io sono sempre andato a Lourdes in pellegrinaggio, da anni che vado in quel luogo ma non per chiedere qualcosa per me ma per gli altri soprattutto per coloro che fanno il male al prossimo.
Lei è sempre stato devoto di San Pio da Pietralcina. Come mai questa devozione a Padre Pio?
Devo dire che non l’ho mai conosciuto, ma c’è stato un momento della mia vita in cui ho trovato Padre Pio da tutte le parti; vedevo le sue immagini ovunque. Un giorno sono andato con la squadra a giocare a Palermo, e lì ho incontrato una signora che per qualche anno, ho sempre cercato di snobbare perché mi sembrava una di quelle che chiedevano favori, poi quel giorno a Palermo, ho incontrato questa signora di circa 80 anni che mi disse di aver fatto un sogno in cui era insieme a Padre Pio. In questo sogno vi era un gregge di pecore e c’era anche San Pio che le diceva “vedi quello è Moggi e gli voglio tanto bene”. Dal suo racconto sono rimasto senza parole e sbigottito, perché era una signora che non mi conosceva in assoluto, oltretutto non seguiva il calcio e lo si vedeva chiaramente. Da quel momento ho scelto di seguire la figura di padre Pio (che già seguivo per altri motivi) perché ho sempre trovato le sue immagini ovunque e c’erano molte persone che mi invitavano ad andare a San Giovanni Rotondo.
E’ stato in pellegrinaggio anche a Lourdes; qual è il momento che porta di più nel cuore di questa esperienza mariana?
Mi sono sentito bene nella Basilica di Lourdes, in quei momenti di silenzio in cui mi sono raccolto, in realtà i momenti di silenzio risultano essere i più rumorosi.
Ho pregato tanto affinchè la gente sia più buona, affinchè non ci siano più guerre e soprattutto che si calmino le reazioni che attualmente ci sono in alcuni popoli. Un po’ di calma e serenità nel mondo sarebbero delle grazie per tutti.E’ vero che lei da giovane voleva entrare in seminario?
Non è che volevo entrare in seminario, ma studiavo a Siena da ragazzo e i miei genitori mi portarono a vedere un seminario per proseguire i miei studi lì. Ma ebbi un impressione un po’ negativa e non ci andai.
Oggi possiamo dire che la fede l’ha aiutata a superare i suoi problemi con la giustizia?
Sicuramente è stata la fede che mi ha aiutato a superare quel momento ma non tanto per me, ma per tutti quelli che sono stati coinvolti in questo calciopoli. Tenete presente che c’era gente che lavorava nel calcio e non prendeva tanto come ad esempio gli arbitri giovani, e sono stati lasciati fuori improvvisamente ed io ho lottato e lotto tanto per loro. Il Signore a me ha fatto la grazia di stare bene, ma dentro di me vi è la rabbia nel vedere delle brave persone che non avrebbero niente a che fare con la giustizia, che invece vengono coinvolte per qualcosa di cui non hanno colpa.
In quel periodo nero, c’è stato un attimo in cui ha pensato al gesto folle del suicidio. Chi le è stato vicino in quel momento?
Ho pensato a quel gesto, durante la prima settimana in cui uscì fuori lo scandalo, ancora non riuscivo a capire cosa fosse successo, ma da subito iniziai a reagire e a farmi forza, perché avevo la certezza che qualcuno al di là degli uomini c’è e può mettere apposto tutto.
Lei riesce a conciliare il lavoro con la fede. In che modo?
Per esempio quando ero ancora in Juventus, la domenica non potevo andare in chiesa perché giocavamo, però tutti i giorni (e lo faccio anche adesso) ho l’abitudine di raccogliermi in preghiera in chiesa, amo farlo soprattutto quando non c’è nessuno, in modo da potermi raccogliere nel silenzio e pregare intimamente il Signore.
Qual’ è oggi il suo rapporto con il calcio?
Prima l’avevo da Dirigente adesso ce l’ho come giornalista ed opinionista.
Il calcio italiano che non è più protagonista in Europa e nel mondo, è malato di denaro, di potere o di qualità?
E’ malato sicuramente di qualità, ed oltre alla qualità si aggiunge anche il business. E’ un insieme di cose che purtroppo portano ai malumori, portano a litigare. Adesso è uno sport a metà ed è proprio il business che porta a litigare.
E’ illusione chiedere alla politica di tornare ad investire insieme alle società calcistiche sui vivai dei giovani?
Queste sono cose che la politica non può fare, ci vogliono dei Dirigenti che possano fare quello che attualmente non viene fatto. Anzichè comprare tanti giocatori bisognerebbe formare i giocatori e questo potrebbe essere un risparmio ed un qualcosa di qualità che può portare il calcio italiano a fare delle cose buone ed importanti.
Rita Sberna
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