Francesco parla dell’amicizia, dell’ambiente e dei fondamentalismi durante la prima intervista a una radio indipendente e non confessionale (FM Milenium) dell’Argentina
«Mi sono sentito usato da persone che si sono presentate come amiche e che io forse non avevo visto più di una o due volte in vita mia. Hanno usato questo per il loro vantaggio». Una confessione onesta di Papa Francesco sull’amicizia utilitaria. «A me, questo fa male», ha detto durante la prima intervista a una radio indipendente e non confessionale, FM Milenium dell’Argentina. Il dialogo è stato trasmesso ieri, domenica 13 settembre, a Buenos Aires.
Un’ora circa di conversazione tra Francesco e un suo amico da più di 15 anni: Marcelo Figueroa. Presbiteriano, si erano conosciuti nei tempi quando lui era il direttore delle Società Bibliche Argentine. Da allora hanno alimentato un’amicizia che è riuscita a sopravvivere anche nei momento più difficili, come la malattia. «Diálogos para el encuentro» (dialoghi per l’incontro) è il nome del programma che si può ascoltare tutte le domeniche pomeriggio, nella frequenza 106.7 FM.
«Non ho mai avuto tanti ‘amici’ come adesso. Tutti sono amici del Papa. L’amicizia è qualcosa di molto sacro. Lo dice la Bibbia: ‘abbi uno o due amici’. Prima di considerare amico qualcuno, lascia che il tempo lo metta alla prova, per vedere come reagisce davanti a te», ha detto Jorge Mario Bergoglio, prima di chiarire che tutti vivono l’esperienza dell’amicizia utilitaria.
«L’amicizia è accompagnare la vita dell’altro da un presupposto tacito. In genere, le vere amicizie non devono essere esplicitate, succedono, e poi è come se si coltivassero. Al punto di far entrare l’altra persona nella mia vita come sollecitudine, come buon auspicio, come salutare curiosità di sapere com’è lui, la sua famiglia, i suoi figli», ha aggiunto.
Secondo il Pontefice, bisogna saper distinguere l’amicizia da altre forme di relazione come quella che si instaura tra colleghi. Anche se sono passati mesi o anni, ha spiegato, quando uno si ritrova con un amico si sente come se il tempo non fosse trascorso.
«Noi uomini, per il nostro peccato, per la nostra debolezza, fomentiamo la cultura dell’inimicizia. Dalla guerra fino alle chiacchiere di quartiere, o al lavoro. Uno degrada, calunnia o difama l’altro con molta libertà, come se fosse la cosa più naturale al mondo, anche se non fosse vero, soltanto per avere un posto più potente o qualcos’altro», ha spiegato.
Francesco ha anche detto che, di fronte a questa tendenza all’inimicizia, bisogna spingere «l’amicizia sociale», che per lui si chiama «cultura dell’incontro». Ha anche riconosciuto che agli essere umani «piace molto» diventare dei giudici per marcare le distanze, ma, ha ricordato, l’unico giudice è Dio.
Poi ha parlato sul dialogo interreligioso, riconoscendo che ogni confessione ha il proprio «gruppetto di fondamentalisti», il cui «lavoro» è distruggere per un’idea, non per la realtà. Ha spiegato che questi fondamentalisti «allontanano a Dio dalla compagnia del suo popolo» e lo trasformano in un’ideologia. «Allora, nel nome di quel Dio ideologico, uccidono, attaccano, distruggono, calunniano. Per essere un po’ pratici, trasformano questo Dio in un idolo», ha ribadito. E poi ha riflettuto sulla stessa idea, indicando che c’è oggi «un’oscurità trasversale», che nasconde l’orizzonte dell’umanità, rinchiude in delle ideologie e costruisce delle mura che impediscono l’incontro. «Metto un muro invece di tendere un ponte e lì l’amicizia dei popoli non può darsi», ha detto.
Ha anche parlato sul suo rapporto con i fedeli, rivelando il bisogno che sente di avvicinarsi perché la gente lo rivitalizza, raccontandogli le sue pene, e lui riceve tutti. Ed è questo che devono essere i preti: dei ponti, ha spiegato, e che per quello si chiamano «pontefici». «Quando abbraccio la gente, è Gesù che abbraccia me! Ricevo una vita contenta, allegra, una testimonianza…». «Quando un prete si isola, nella sua postura ieratica o nella sua postura legalista, o nella sua postura da principe – quando dico prete, dico vescovo, Papa…. – quando si allontana – ha scandito Francesco -, incarna in certa maniera quei personaggi ai quali Gesù dedica tutto il capitolo 23 del Vangelo di Matteo. Quei legalisti, farisei, saducei, dottori della legge che si sentivano dei puri».
Si è anche detto “pescatore” e ha ammesso che deve lottare costantemente contro i suoi egosimi. E ha rivelato che tutto il buono che ha è stato un regalo; a volte si rivolge a Gesù e dice: «Ma dai, è tanto buona la gente, come pensa, quanto buona che è!». Più avanti ha anche parlato sul rapporto dell’essere umano con l’ambiente; purtroppo, ha detto, non sempre l’uomo è «amico» del creato, perché speso tratta la natura come il suo «nemico peggiore». E si è spiegato meglio ricordando che Dio ha detto: «Crescete, moltiplicatevi, dominate la terra, prendetevi cura della terra! Ma arriva un momento nel quale l’uomo si sente padrone, va oltre quello che vuol dire prendersi cura della terra e la tralascia. E così crea un’incultura, perché abusa della natura».
Figueroa, l’intervistatore, ha fatto una domanda sul capitolo due della «Laudato si’», dove Francesco denuncia un sistema che alimenta il degrado del ambiente, un sistema corrotto e perverso. Al riguardo, il Papa ha spiegato: «È un sistema che, per il guadagno (perché in fondo c’è il guadagno, l’agnello e sempre d’oro, l’idolo è d’oro e si trova nel centro)… L’uomo è stato spostato dal centro e lì c’è il denaro. Non si ha in considerazione il creato, e tra esso l’uomo. La schiavitù, il lavoro schiavo, non prendersi cura del creato, non prendersi cura del re del creato. Cioè, abbiamo un rapporto cattivo con il creato in questo momento».
E ha aggiunto: «Ricordo la frase di un dirigente politico molto importante nel mondo: ‘Non si tratta di prendersi cura del creato per formare un mondo migliore per i nostri figli, perché non ci sarà’. Se continuiamo a questi ritmi, non ci sarà. Si tratta di prendersi cura del creato per questo momento. Siamo di fronte all’irreversibile, ed è tragico. E, d’altra parte, non è invincibile (quest’ingiustizia, ndr), perché, anche se arrivasse la catastrofe, io credo nella terra nuova e nei cieli nuovi. Ho speranza e so che il creato sarà trasformato».
di ANDRÈS BELTRAMO ÁLVAREZ per Vatican Insider
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