Lettera al Direttore di Avvenire – Caro direttore, non so cosa succederà in questo viaggio africano del Papa, al di là dell’ovvio. E l’ovvio mi dice che Francesco farà un viaggio da cui ricaverà qualche frutto. Che le protezioni in atto – quelle di polizia e quelle delle principali comunità islamiche dell’Africa – funzioneranno.
Neppure mi colpisce l’ansia, un poco iettatrice di parte della stampa che si dice laica. Nonostante l’abbondanza di “uomini che mordono cani” hanno sempre più bisogno di titoli così, per vendere qualche copia e ottenere qualche “click” in più. Quello che mi colpisce è Francesco, Vescovo di Roma. Certo. Tranquillamente ammetto che, avendo lui già vissuto tre o quattro vite (la vocazione, la scelta della compagnia di Gesù, la situazione in America Latina dopo Medellin, la situazione in Argentina con i diavoli dell’Esercito cha macellavano la popolazione inerme e la Chiesa profondamente ferita nelle sue divisioni tra D** e i satana della guerra, l’elezione ad Arcivescovo di Buenos Aires e la sua scelta per i poveri, l’elezione a Vescovo di Roma… ce n’è di roba…), si senta assolutamente tranquillo e affidi la sua vita alla Santità Vivente piuttosto che a medici e a consiglieri politico-militari. Tuttavia la sua radicale mancanza di paura (il viaggio in Kenia e nel resto dell’Africa a “vetri scoperti”) è qualcosa di più. Credo sia frutto di preghiera. Ignazio di Loyola al termine degli esercizi, nella diciottesima nota circa le “Regole da osservare per avere l’autentico sentire nella Chiesa militante” (la serie di note che inizia con la famosa obbedienza alla Chiesa gerarchica) scrive: «1. Sebbene si debba stimare sopra ogni cosa il servire molto Dio nostro Signore per puro amore, dobbiamo tuttavia lodare assai il timore della sua divina maestà. 2. Infatti non solo il timore filiale è cosa pia e santissima, ma anche il timore servile aiuta molto a uscire dal peccato mortale, qualora non si arrivi ad altro di meglio o di più utile; 3. e una volta che ne è usciti, facilmente si perviene al timore filiale, che è totalmente accetto e gradito a Dio nostro Signore, essendo una cosa sola con l’amore divino». Ecco. Sono convinto che Francesco non abbia paura perché è pieno del santo «timore amoroso di D**». Prego che anche chi gli sta vicino condivida con il Vescovo di Roma questa “preghiera” nella gioia di Gesù Risorto.
Anch’io prego con lei, caro professor Ibba. Con la stessa preghiera che Francesco chiede incessantemente al popolo cristiano e che, certamente assieme alle altre «protezioni» da lei ragionevolmente richiamate, costituisce la speciale “corazza” del Papa. Abbiamo sempre nuovi motivi per essergli grati e siamo felici di scoprirli. Non certo per ultima la testimonianza, che lei condensa con grande efficacia nell’immagine ignaziana del «timore amoroso di Dio», dell’antidoto a ogni paura. – Marco Tarquinio
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it)
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