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La Crimea sceglie la Russia

Gli abitanti della Crimea si esprimeranno il 16 marzo, con due settimane di anticipo rispetto alla data prevista. Il Parlamento locale invece ha già detto la sua: la regione deve essere annessa alla Federazione Russa. L’allontanamento da Kiev non si arresta, mentre degli uomini armati hanno occupato la stazione di trasmissione radio e tv di Simferopoli, in Crimea e la frequenza della tv Chernomorskaya, seconda emittente del Paese, è stata oscurata, al suo posto vengono trasmesse le immagini della televisione All News Russia 24. I servizi segreti ucraini (Sbu) hanno arrestato Pavel Gubarev, l’autoproclamato governatore filorusso di Donetsk, nella parte russofona dell’Ucraina orientale.  Kiev chiede l’arresto del premier e del presidente del parlamento Intanto la giustizia ucraina ha emesso mandati d’arresto per il premier e per il presidente del parlamento (Rada) della Crimea, Sergei Aksyonov e Vladimir Konstantivov. I due, il cui potere non è riconosciuto da Kiev, sono a capo delle istituzioni della penisola che stanno portando la Crimea tra le braccia della Russia. Uomini armati hanno bloccato un gruppo di 40 osservatori dell’Osce, impedendo loro di entrare in Crimea. Lo ha riferito una fonte diplomatica: “Sono bloccati ma non stanno tornando indietro. Due gruppi di uomini armati, molto professionali e molto ben addestrati, non hanno consentito loro di passare”. “La regione autonoma ucraina della Crimea adotterà il rublo russo come valuta e nazionalizzerà tutte le proprietà dello Stato ucraino sul territorio”. Secondo Temirgaliyev: “Tutte le imprese statali ucraine saranno nazionalizzate e diventeranno proprietà della Crimea autonoma”. Il referendum del 16 marzo La decisione del Parlamento della Crimea non è sorprendente: al suo interno i filorussi sono in netta maggioranza. La mozione sull’adesione alla Russia, votata all’unanimità, imprime comunque un’accelerazione agli eventi. Parallelamente è stata formalizzata la convocazione del referendum che dovrà confermare o meno la decisione. Il referendum, fissato per 16 marzo, proporrà un’alternativa ai cittadini, che sono in maggioranza russi e russofili: volete tornare alla costituzione del 1992, con un’autonomia nettamente rafforzata, oppure aderire alla Federazione Russa? La consultazione è stata anticipata e modificata nei contenuti. Le decisioni del Parlamento sono state comunicate anche al Cremlino e la richiesta di annessione è giunta anche sul tavolo del presidente russo, Vladimir Putin.  Il referendum per l’annessione alla Russia “è illegittimo” ha detto il premier Arseni Iatseniuk.

Quale risposta potevamo attendere da un presidente illegittimo? Sicuramente se il risultato della consultazione popolare era favorevole alle loro aspettative, sicuramente era legittimo… Sono passati alcuni giorni dala decisione popolare, come mai i media non ne parlano?

Simon Shuster giornalista di “TimeMagazine”, il 28 gennaio, titolava il suo articolo da Kiev: “Criminali di destra dirottano la rivolta liberale in Ucraina”, indicando un gruppo di picchiatori neo-nazisti chiamato “Spilna Prava” (Causa comune, ma le iniziali in ucraino sono SS) al centro dei tafferugli. Il giorno seguente, il 29 gennaio, il “Guardian” apriva con “In Ucraina, fascisti, oligarchi ed espansione occidentale sono al centro della crisi”, con il catenaccio: “Le storie raccontateci sulle proteste di Kiev sono sommarie rispetto alla realtà”. L’articolo poi proseguiva così: “Non sapreste mai dalla maggior parte dei notiziari che nazionalisti di estrema destra e fascisti sono al centro delle proteste e degli attacchi contro edifici governativi. Uno dei tre principali partiti di opposizione che guidano la campagna è l’estremista antisemita “Svoboda”, il cui leader Oleh Tiahnybok sostiene che ‘mafiosi moscoviti-ebraici’ controllano l’Ucraina. Ma il senatore americano John McCain era felice di dividere il palco con lui a Kiev, il mese scorso. Il partito, che ora amministra Lvov, ha guidato una fiaccolata di 15 mila elementi all’inizio del mese, in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, le cui forze combatterono con i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e che parteciparono al massacro di ebrei […] Ma adesso “Svoboda” è stato affiancato nelle proteste da gruppi ancora più estremi, come ‘Pravy Sektor’, che chiede una ‘rivoluzione nazionale’ e minaccia una prolungata guerriglia”. Counterpunch ha pubblicato il 29 gennaio un articolo di Eric Draitser che chiosa: “[…] Nel tentativo di eliminare l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa, l’alleanza USA-UE-NATO, e non è la prima volta, s’è legata ai fascisti” ; sarà interessante vedere gli azzimati Barroso e Van Rompuy intavolare brillanti disquisizioni accademiche con i fini dicitori di “Pravy Sektor”. A tal proposito è rivelatore il breve colloquio di  Shaun Walker, giornalista del “Guardian”, con tal Andriy Tarasenko, uno dei coordinatori dei tagliagole in oggetto: durante l’incontro – tenutosi in un caffè del centro, a Kiev – egli afferma che “per noi il problema non è l’Europa, infatti l’unione con l’Europa sarebbe la morte dell’Ucraina. L’Europa significa la morte dello stato-nazione, della Cristianità. Vogliamo un’Ucraina per gli ucraini, governata dagli ucraini e non servire gli interessi degli altri”, affermando che l’obiettivo del gruppo è appunto una “rivoluzione nazionale”, che si tradurrebbe in una “democrazia nazionale” senza le trappole del “liberismo totalitario” dell’Unione Europea. Sergey Kirichuk, un membro del gruppo “Borotba”, che pubblica una rivista antifascista in Ucraina ha dichiarato che molti appartenenti a “Pravy Sektor” vengono reclutati nell’ambiente calcistico tra i gruppi di hooligans di estrema destra, che sono poi coloro che lanciano molotov e cercano di uccidere i poliziotti; anche i paramilitari del gruppo “Patriota dell’Ucraina” –

l’ex ala militarizzata di “Svoboda” – sono stati presenti in tutti i tafferugli, mascherati, indossando bracciali gialli e fotografati con catene e mattoni, guidando gli attacchi contro i “Berkut”.

Già nel 2012, la presenza di un’estrema destra violenta ed estremamente organizzata in Ucraina e Polonia era diventata notizia globale in vista di EURO 2012; è probabile che già da allora si siano gettate le basi per quello che è accaduto nelle ultime settimane a Kiev. Alcune fonti documentano che molti di questi gruppi eversivi sarebbero stati preparati in basi militari della NATO (guarda, alle volte, le coincidenze!), come nel caso dell’UNA-UNSO (Ukrainska Natzionalna Asambleya – Ukrainska Narodna Sambooborunu) in Estonia nel 2006; l’UNA-UNSO fu fondata da veterani della guerra in Afghanistan ed è caratterizzata da un radicale nazionalismo ucraino, sentimenti antisemiti e antirussi. Diversi membri hanno partecipato alla guerra in Cecenia con i ribelli di Groznyj, con l’esercito georgiano nel conflitto con l’Abkhazia filorussa e nel 2008 in Ossezia del Sud. Durante la “rivoluzione arancione” del 2004 hanno supportato Viktor Yushenko contro Yanukovich e fungevano da guardie del corpo a Yulia Tymoshenko. Gli ultimi giorni di gennaio e i primi di febbraio –  oltre a moti di piazza – vedono incrementarsi la pressione diplomatica e mediatica sull’esecutivo di Kiev; il Segretario di Stato USA  John Kerry – evidentemente non trovando sconveniente la cosa – incontra a Monaco diBaviera i rappresentanti dell’opposizione Vitalij Klitschko, Arsenij Yatseniuk, Petro Poroshenko e, pensate un po’, la cantante pop e ambientalista Ruslana Lyzhychko, ai quali “conferma l’incrollabile sostegno degli Stati Uniti alle aspirazioni democratiche ed europee dell’Ucraina”, sottolineando inoltre “la preoccupazione per le notizie relative alle violazioni dei diritti umani, quali sparizioni e omicidi”. In concomitanza con le parole di Kerry, ecco apparire – con puntualità svizzera – uno degli scomparsi: si tratta del babbusco Dmitro Bulatov, leader del movimento dissidente “Automaidan” che racconterà di essere stato picchiato, di aver avuto mozzato un pezzo di orecchio, di essere stato crocefisso e di aver sentito che i suoi rapitori “avevano l’accento russo”.

E’ singolare il fatto che dopo una settimana di oblio Bulatov riappaia a 5 Kanal, emittente privata del magnate Petro Poroshenko  – il “Re del cioccolato”-  proprietario del colosso dolciario Roshen; è da questo particolare che – come anticipato poc’anzi – le preoccupazioni, financo eccessive, del senatore McCain sull’embargo del cioccolato trovano una spiegazione plausibile: le ire del simpatico guascone erano – in realtà – un interessamento dovuto per l’oligarca, un fedele alleato degli Stati Uniti in momentanea difficoltà, e risulta quantomeno strana la coincidenza che proprio il canale televisivo di Poroshenko – danneggiato dall’embargo russo – riporti le prime parole del redivivo “attivista” che accusa dell’accaduto fantomatici agenti russi. Poroshenko , ex Ministro degli Esteri e poi del Commercio, è uno degli uomini più ricchi ed influenti del Paese nonché un filo-occidentale di ferro e promotore dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO; a questo proposito, nel 2009 si espresse in questi termini: “Credo che con la volontà politica, un pubblico auspicio a farlo, il sostegno del popolo ai politici in carica e una chiara e giusta consapevolezza politica, si potrebbe realizzare l’adesione a membro NATO entro un anno o due”. Oleh Tatarov, vice capo del Dipartimento Indagini al Ministero dell’Interno, ha denunciato in una conferenza stampa che nessuna delle persone vicino a Bulatov vogliano collaborare, e resterebbe da capire e soprattutto da spiegare quale governo possa essere così stolto da compiere un’azione palesemente suicida, addirittura liberando successivamente il sequestrato e consentendogli di raccontare l’accaduto anziché semplicemente eliminarlo, il tutto poi sotto la pressione di USA, UE e di tutto l’apparato massmediatico atlantista; ecco che le immagini cominciano a provocare le reazioni attese, con la Casa Bianca che si dichiara “allibita dai segni di torture sull’attivista” e la Ashton che si dice “inorridita per gli evidenti segni delle prolungate torture e dei crudeli maltrattamenti”. Il colpevole già si è trovato e Yatseniuk dice che “risponderà dei suoi crimini”; si viene intanto a sapere –  proprio da Poroshenko (evidentemente l’oligarca ne è diventato il portavoce) – che “l’attivista” Bulatov lascerà il Paese per curarsi in un paese dell’Unione Europea (sarà la Lituania) “per sfuggire al sicuro arresto e alla prigionia”; anche questa affermazione suona paradossale, considerando che lo status di ”martire” – mediaticamente  acquisito – ha fatto di Bulatov la persona più al sicuro di tutta l’Ucraina. Nel frattempo, per rincarare la dose, fanno il giro del mondo le immagini di un prigioniero ucraino nudo nella neve, circondato da poliziotti che lo sbeffeggiano; peccato si appare verosimlmente trattarsi di una montatura, evidenziata dalla presenza di un ex funzionario del Ministero degli Interni – Andrej Dubrovik – che aveva lasciato da tempo il suo incarico, diventando capo della sicurezza del partito pan-ucraino “Patria” (Batkivshyna) della Tymoshenko: secondo “Vremja”, questo film è stato girato da Andrej Kozhemjakin, regista televisivo che lavora anche per la Tymoshenko. di Francis Marrash e Riccardo Seremedi

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