Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“In questo tempo, nel quale sentiamo quotidianamente bollettini di guerra, la vostra testimonianza è un segno concreto di pace, un segno di speranza per un mondo più umano e fraterno”. Papa Francesco rivolge queste parole a un gruppo di persone con disabilità
ricevute in Vaticano, sottolineando che rispondere ai bisogni delle persone disabili “è un dovere della comunità civile e di quella ecclesiale”.“Generare e sostenere comunità inclusive – spiega il Pontefice – significa eliminare ogni discriminazione e soddisfare concretamente l’esigenza di ogni persona di sentirsi riconosciuta e di sentirsi parte”.
Non c’è inclusione, infatti, se manca l’esperienza della fraternità e della comunione reciproca. Non c’è inclusione se essa resta uno slogan, una formula da usare nei discorsi politicamente corretti, una bandiera di cui appropriarsi. Non c’è inclusione se manca una conversione nelle pratiche della convivenza e delle relazioni.
Lo sguardo di Dio sulle persone che incontrava, ricorda il Papa, era intriso “di tenerezza e di misericordia soprattutto per coloro che erano esclusi dall’attenzione dei potenti e persino delle autorità religiose del suo tempo”. Per questo, ogni volta che “la comunità cristiana trasforma l’indifferenza in prossimità e l’esclusione in appartenenza, adempie la propria missione profetica”.
In effetti, non basta difendere i diritti delle persone; occorre adoperarsi per rispondere anche ai loro bisogni esistenziali, nelle diverse dimensioni, corporea, psichica, sociale e spirituale.
Il Papa sottolinea poi che ogni uomo e ogni donna, in qualsiasi condizione si trovi, “è portatore, oltre che di diritti che devono essere riconosciuti e garantiti, anche di istanze ancora più profonde, come il bisogno di appartenere, di relazionarsi e di coltivare la vita spirituale fino a sperimentarne la pienezza e benedire il Signore per questo dono irripetibile e meraviglioso”.
Ed è doveroso, aggiunge il Pontefice, “garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici e ai luoghi di incontro, rendere accessibili i linguaggi e superare barriere fisiche e pregiudizi”. Ma questo non basta:
Occorre promuovere una spiritualità di comunione, così che ognuno si senta parte di un corpo, con la sua irripetibile personalità. Solo così ogni persona, con i suoi limiti e le sue doti, si sentirà incoraggiata a fare la propria parte per il bene dell’intero corpo ecclesiale e per il bene di tutta la società.
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