R. – Noi siamo in Siria da più di 30 anni: abbiamo dei “Villaggi Sos” a Damasco e ad Aleppo e programmi di rafforzamento familiare. L’obiettivo e la mission dei Villaggi dei Bambini in Siria – come in tutti gli altri 133 Paesi del mondo, dove siamo presenti – è dare accoglienza ai bambini privi di cure familiari e avviare dei programmi di rafforzamento familiare. La Siria è da anni una terra teatro solo di guerra e di combattimenti. Purtroppo si parla solo degli avvenimenti politici, dimenticando spesso che dietro le strategie alla fine ci sono delle famiglie e dei bambini che soffrono e che hanno visto la loro vita distrutta. Abbiamo inviato la storia di Ahmad, un bambino di 10 anni, che racconta con una lucidità che solo un adulto, in effetti, potrebbe avere, quello che sta vivendo. Un bambino che si alza alle 6.00 del mattino e che torna a casa alle 6.00 di sera, per portare a casa 3 dollari al giorno. Bisogna pensare che c’è un quartiere di Aleppo che venne abbandonato dagli operai tre anni fa quando scoppiò la guerra e molte famiglie – quindi parliamo di sfollati interni, che sono un numero enorme! – si rifugiarono in questi scheletri di cemento: ci sono intere famiglie che vivono sotto terra, dormono sul pavimento, non hanno evidentemente accesso all’acqua, non hanno accesso al cibo… E’ una vera e propria guerra dell’acqua in Siria: ci sono 6 rubinetti in 100 costruzioni. I bambini, con dei raccoglitori, devono fare la coda per riuscire a riempiere i loro raccoglitori di acqua per poi tornare a casa, svuotare l’acqua nei bidoni… In tutta questa odissea – per riuscire semplicemente ad avere dell’acqua da bere, perché il lavarsi è una gestualità che viene confinata ad una volta mese – questo bambino racconta che un signore, avendo perso il proprio raccoglitore, lo ha colpito sulla testa, gli ha rubato i raccoglitori ed è scappato: quindi il bambino racconta la vergogna nel tornare a casa senza portare l’acqua.
D. – Quali sono i numeri di questa emergenza in Siria?
R. – L’Unicef ha pubblicato i numeri dell’emergenza: si parla di quasi 5 milioni di minorenni coinvolti nel conflitto; sono 3 milioni gli sfollati; sono più di 115 mila le vittime. Il problema è che – come sempre – di Siria si parla a spot, si parla solo in alcuni momenti e poi un’altra emergenza riesce, in qualche modo, a togliere l’attenzione su questa emergenza umanitaria.
D. – In quale modo Sos Villaggi ha aiutato in questi anni le famiglie siriane?
R. – Attraverso dei programmi di rafforzamento familiare. Noi ci occupiamo di accogliere bambini che temporaneamente non possono vivere con le proprie famiglie e, parallelamente, di lavorare con i nuclei di origine in modo che nel minore tempo possibile il bambino possa ritornare a vivere con la propria famiglia: ecco, noi siamo un ponte. Con la guerra, a questo programma, che rappresenta il cuore della nostra attività, si è aggiunto il cosiddetto “Programma di emergenza”, che è quello che noi avviamo, ovviamente, non solo in Siria: è attivo adesso in Ucraina; c’è stato ad Haiti; c’è in Sud Sudan e Repubblica Centrafricana… Abbiamo aiutato più di 90 mila bambini, distribuendo kit scolastici per permettere comunque ai bambini di non perdere la scolarizzazione; abbiamo distribuito dei pacchi alimentari; abbiamo distribuito cappotti invernali, perché c’è stato un inverno terribile… Bisogna pensare che la guerra non è solo il proiettile, ma un qualcosa che distrugge la quotidianità della vita.
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