A Benedicto ad Franciscum

La dura lotta contro la sporcizia nella Chiesa, iniziata da Benedetto XVI e portata avanti da Francesco

Durante la Via Crucis del 2005 l’allora cardinale Ratzinger aveva gridato al mondo: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo. Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi!” E così il cardinale Ratzinger, salito poi al soglio di Pietro col nome di Benedetto XVI, si è tutto prodigato per tenere fede al suo imperativo morale: rimuovere la sporcizia all’interno della Chiesa. Ma per Benedetto XVI non si trattava di un inizio, ma della nuova massiccia prosecuzione di quanto già faticosamente cominciato da cardinale, da prefetto del dicastero più potente della Curia romana: la Congregazione per la Dottrina della Fede. Joseph Ratzinger, il cardinale dal pugno di ferro, appellato scherzosamente dai suoi colleghi come “panzer cardinal”, “il rottweiler di Dio”, il “cardinale inquisitore”, che già durante il vecchio pontificato aveva iniziato a percepire il male che si annidava tra le chiese del mondo.

Ratzinger Cardinale-. Clamoroso il caso dell’arcivescovo di Vienna, il monaco benedettino ultratradizionalista Hans Hermann Groer, scelto a sorpresa da Wojtyla nel 1985 per riportare ordine nella Chiesa austriaca e promosso cardinale. Accusato di molestie, Groer è costretto a dimettersi nel 1995, ma solo tre anni dopo, alla vigilia del contestato viaggio di Giovanni Paolo II in Austria, il cardinale benedettino viene allontanato dalla diocesi di Vienna e si ritira in un monastero di suore. Inutilmente Ratzinger chiede di aprire un processo canonico a carico di Groer, come riferisce l’attuale arcivescovo di Vienna, Christoph Schoenborn: viene bloccato. Più in generale, Papa Wojtyla diffidava di dossier e voci a carico dei sacerdoti, ricordando come il regime comunista fosse abituato a diffondere false informative e finte denunce per minare l’Istituzione Chiesa. Anche John Magee, vescovo di Cloyne in Irlanda, era da tempo sotto osservazione. L’ex segretario di Giovanni Paolo II è stato riconosciuto colpevole da Benedetto XVI di avere coperto sacerdoti pedofili ed è stato immediatamente dimissionato. Anche le accuse a carico di Edward Nowak, polacco, per 17 anni segretario della Congregazione per le cause dei santi, sono risultate veritiere. Ratzinger, poco dopo essere stato eletto, ha dimissionato anche lui. E c’è chi si azzarda a descrivere una sorta di lobby omosessuale che si sarebbe formata nei sacri palazzi. Deciso a rafforzare il ruolo e le responsabilità di questi dicasteri, nel 2009 Benedetto XVI ha concesso nuove facoltà alla Congregazione per il clero, incluso il potere di sanzionare immediatamente i sacerdoti in materia di abusi sessuali. Emblematico il caso del fondatore dei legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado. Nel 1998 padre Maciel viene denunciato in Vaticano da ex legionari che lo accusano di avere abusato di loro quando erano minorenni. L’istruttoria viene affidata al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger. In realtà già nel 1956 Maciel era stato sospeso per due anni dalle sue funzioni e allontanato dai legionari. Poi era stato reintegrato. Nuove denunce a carico del fondatore dei legionari di Cristo arrivano al Papa polacco poco dopo la sua elezione. Ma non accade nulla. Nel 2002 Maciel nega ogni addebito, tuttavia Ratzinger completa la sua istruttoria. Wojtyla, già ammalato, affida la «gestione politica»

del caso al segretario di Stato, Angelo Sodano, che preferisce rinviare ogni decisione.

Ratzinger Papa-. Sopraggiunge la morte di Giovanni Paolo II e, appena un anno dopo essere stato eletto, Benedetto XVI condanna Maciel. Quindi ordina una visita apostolica (ispezione) in tutte le case e nelle scuole dei legionari di Cristo, che si è conclusa l’anno scorso. Così l’operazione trasparenza di Ratzinger nei confronti dei legionari va avanti benché si tratti di una delle congregazioni più affini a questo Pontefice dal punto di vista teologico e dottrinale. Anche nei confronti del caso pedofilia nella Chiesa americana Giovanni Paolo II attenderà fino al 2001, quando ormai lo scandalo pedofilia è esploso in tutta la sua violenza non solo negli Usa, per autorizzare Ratzinger ad aggiornare le norme in materia, contenute nel Codice di diritto canonico del 1983 che aveva abrogato l’istruzione «Crimen sollicitationis» del 1962. L’esperienza americana mostra come siano stati proprio i vescovi locali a insabbiare spesso i procedimenti contro i sacerdoti pedofili. Per questo, nelle nuove norme redatte da Ratzinger nel 2001 sui delitti più gravi («De delictis gravioribus»), la competenza a giudicare su questi crimini viene affidata all’ex Sant’Uffizio. Le pene sono inasprite, si allungano i termini della prescrizione e l’applicazione della norma viene estesa agli abusi compiuti su minorenni fino a 18 anni. Un anno dopo, Ratzinger è uno dei protagonisti dell’incontro tra i vertici della Santa sede e l’episcopato americano, che inaugurerà la «tolleranza zero» nella Chiesa Usa. Salito al soglio di Pietro, Benedetto XVI convoca per due volte in Vaticano i vescovi irlandesi, incontra le vittime dei preti pedofili negli Usa e in Australia, condanna il messicano padre Maciel e sblocca centinaia di processi a carico dei preti pedofili. Poi riduce allo stato laicale don Lelio Cantini, il carismatico prete fiorentino, anch’egli colpevole di ripetuti abusi su minori. Nel luglio dell’anno dopo è toccato a un religioso tedesco, appartenente ai Missionari della Sacra Famiglia di Magonza, mentre nel febbraio 2010 Ratzinger con decreto inappellabile, ha tolto l’abito a don Marco Dessì, missionario in Nicaragua, prima della conclusione dei processi civili a suo carico per abuso sessuale di minori. A proposito del caso Dessì, persino l’avvocato ateo Marco Scarpati, presidente di Ecpat-Italia onlus, il network internazionale che lotta contro la pedofilia, la pedopornografia e lo sfruttamento sessuale dei minori, seguendo da vicino il caso, ha tenuto a dire: “Si sta muovendo molto in Vaticano. Lo dico da laico e ateo, sta avvenendo tanto. L’attuale Papa ha modificato di molto l’approccio del Papa precedente e ha penalizzato i reati di pedofilia fra sacerdoti. C’è stata una grande collaborazione fra Vaticano e giustizia ordinaria. Ci sono stati rapporti intensi di scambio intellettuale e giuridico con i collaboratori del Vaticano. Senza l’intervento del Vaticano, l’ex sacerdote non sarebbe mai tornato in Italia e, dunque, non sarebbe stato possibile sottoporlo ad indagini accurate e intercettazioni. Parlo da analista esterno: Benedetto XVI sta rivoluzionando tutto”. Il mese successivo da Bendetto XVI è stato ridotto alla stato laicale anche don Andrea Agostini, prete della diocesi di Bologna che gestiva un asilo cattolico nel ferrarese, sempre per pedofilia. Nell’ottobre 2010 la stessa sentenza è toccata a don Nello Giraudo, della diocesi di Savona, mentre all’inizio di quest’anno è stato imposto di ritirarsi al potente e influente sacerdote cileno Fernando Karadima, nonostante i reati fossero prescritti. Un anno fa, al culmine degli scandali provenienti soprattutto dagli Stati Uniti, dall’Irlanda e dalla Germania, Benedetto XVI aveva pronunciato parole drammatiche, affermando che «la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori», ma «nasce dal peccato» interno, e ha collegato questi eventi al messaggio delle apparizioni mariane avvenute in Portogallo nel secolo scorso, affermando: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». Nel libro intervista «Luce del mondo»

il Papa ha spezzato anche una lancia in favore dei mezzi di informazione e del loro ruolo nella vicenda: «I media non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato… Sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti». Una lezione di grande umiltà, che vista dall’esterno potrebbe essere compresa ancor meglio dentro la stessa Chiesa. Lapidaria è la lettera del Ponterfice ai cattolici d’Irlanda in merito allo scandalo pedofilia nel punto in cui si rivolge agli stessi preti-orchi: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa. Il sacrificio redentore di Cristo ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più terribile dei mali. Allo stesso tempo, la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Riconoscete apertamente la vostra colpa e sottomettetevi alle esigenze della giustizia”.

Commovente è l’incontro che il Papa ha nel 2010 a Malta con delle vittime di abusi sessuali. Joseph Magro, 38 anni, insieme con altre sette vittime di abusi sessuali subiti nell’orfanotrofio San Giuseppe, ha potuto parlare a tu per tu con Benedetto XVI lontano dalle telecamere (al Papa non piace comparire il tv), nella cappella della nunziatura. Al termine dell’incontro dice: «È stato un regalo davvero bellissimo, dopo tutta questa sofferenza, abbiamo pianto tutti, anche il Papa ha pianto». Al giornalista che gli è chiede cosa gli sia successo Joseph Magro racconta: «Ho subito abusi sessuali a partire dall’età di quindici anni, tra il 1988 e il 1990, nell’orfanotrofio San Giuseppe. Io non potevo parlare, non potevo ribellarmi, non potevo dire nulla, perché minacciava di buttarmi fuori dall’istituto. Non avevo più fede nei preti, ora, dopo quest’esperienza commovente che mi è capitata, tutto è cambiato. Ho chiesto al Papa: “Perché quel sacerdote mi ha fatto questo, perché ha abusato di me?”. Lui, chinando il capo, mi ha risposto dicendomi che prega per me, e abbiamo pregato insieme. Mi ha molto colpito il fatto che provasse una grande pena. Si vedeva che stava soffrendo con me. Io non volevo farlo soffrire, non gli ho raccontato gli abusi che ho subito, ma lui ha pianto insieme a me, pur non avendo alcuna colpa per ciò che mi è accaduto. Ho avuto finalmente un po’ di pace grazie a quest’incontro. Mi ha dato un rosario, questo che porto al collo ora. Voi in Italia avete un santo. Capito? Avete un santo».

Ed eccoci alla famosa banca Vaticana, lo IOR. Anche qui, dopo decenni di assoluta incompetenza gestionale che avevano portato la banca dei Sacri Palazzi ad essere covo di investimenti addirittura da parte di mafiosi, Benedetto XVI ha voluto vederci chiaro, promulgando le celebri e severissime norme antiriciclaggio che hanno ricevuto il plauso di tutta Europa. Ma l’operazione pulizia di Joseph Ratzinger continua. L’ultima è del maggio 2011 e riguarda la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, una delle sette mete del pellegrinaggio a Roma. Lungo le maestose navate le cappelle svelano tesori di devozione come l’iscrizione sulla croce di Gesù, un chiodo e due spine della corona di Gesù, il dito di San Tommaso, l’apostolo che dubitava della resurrezione e una parte della croce del Buon Ladrone. Ma da vent’anni la Basilica ospita lo scintillante regno dell’eccentrico abate acchiappa-vip, padre Simone Fioraso, ex stilista negli atelier milanesi. Dopo 18 secoli una delle basiliche romane più suggestive si era trasformata in un set cinematografico. Negli orti griffati della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme era di casa la Roma glamour, si vendevano frutta e verdura biologiche (in realtà acquistate dai monaci in un negozio vicino) e si davano appuntamento gli «Amici di Santa Croce», associazione presieduta dal marchese Giulio Sacchetti discendente di Carlo Magno (sua vice è Olimpia Torlonia), luogo d’incontro fra poteri temporali e spirituali. Troppa mondanità per uno dei luoghi più venerati della cristianità in cui sono conservati i frammenti di croce ritrovati sul calvario da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino. Eccessive luci della ribalta mediatica, maxi-lavori di ristrutturazione, l’accusa di abusi liturgici (documentati da foto di suore che danzano intorno all’altare, odiosissime ad un Papa che predilige la solenne ed austera messa in latino), visite di pop star trasgressive come Madonna, intrighi, le voci di scarsa disciplina morale e comportamenti discutibili nella comunità monastica. Fino al fischio finale di Benedetto XVI. In Vaticano Ratzinger ha voluto vederci chiaro con un’ispezione: la «Visita Apostolica “ad inquirendum et referendum”» che ha indagato e riferito in Curia irregolarità tali da giustificare niente di meno che la cancellazione dell’abbazia e la soppressione della comunità monastica. Fa le valigie una comunità che nella capitale è un’istituzione dal Cinquecento.

Le nuove norme contro gli abusi sessuali-. Ma non finisce qui. Sempre a maggio la Congregazione per la Dottrina della fede ha diffuso una Lettera circolare per le nuove disposizione sugli abusi sessuali su minori. La Chiesa ha il “dovere di dare una risposta adeguata” ai casi di abuso sessuale su minori commessi da preti. E “detta risposta dovrà provvedere all’applicazione del diritto canonico in materia, e, allo stesso tempo, tener conto delle disposizioni delle leggi civili”. Il “dovere” dei vescovi di dare “risposta adeguata”, spiega il documento vaticano, inoltre “comporta l’istruzione di procedure adatte ad assistere le vittime di tali abusi, nonchè la formazione della comunità ecclesiale in vista della protezione dei minori”. Seconde le nuove norme, la Chiesa e i vescovi devono mostrarsi pronti “ad ascoltare le vittime e i loro familiari e impegnarsi nella loro assistenza spirituale”, secondo l’“esempio particolarmente importante” dato dal Papa nei suoi incontri con le vittime di abusi sessuali di chierici. La Lettera ricorda i programmi educativi di prevenzione per assicurare ambienti sicuri per i minori. Questi programmi cercano di aiutare i genitori e gli operatori scolastici e pastorale a riconoscere i segni dell’abuso sessuale. Il vescovo ha il dovere di curare la formazione permanente del clero, e assicurino “ogni impegno nel trattare gli eventuali casi di abuso che fossero loro denunciati secondo la disciplina canonica e civile”. Il chierico accusato, in ogni caso, ode della presunzione di innocenza, fino a prova contraria. L’abuso sessuale di minori è un “delitto canonico” ma anche un “crimine perseguito dall’autorità civile”. Nelle situazioni diverse da Paese a Paese, “è sempre importante cooperare” e “va sempre dato seguito alle prescrizioni di leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale”. Insomma, Benedetto XVI continua inesorabile la sua opera di rivoluzione nel Governo della Chiesa, una rivoluzione che dimostra la ferma volontà di un Successore di Pietro che, sebbene provato da continui complotti, ingiurie, trappole e pregiudizi, ha proiettato, nel silenzio e diffuso disinteresse, la Chiesa Cattolica in una nuova era di integrità morale e di efficienza e i cui effetti, sebbene oggi siano oscurati da strumentalizzazioni di altri mali, daranno il loro concreto risultato in futuro, quando, a quanto si augura lo stesso Joseph Ratzinger, mai più la “Chiesa universale si trovi nelle condizioni di essere trascinata col suo manto bianco nella polvere”. Nel silenzio e nell’impopolarità, Benedetto XVI consegna a Dio le vittorie nella battaglia contro i preti-orchi. a cura di Ornella Felici

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