Gesù con la sua predicazione ha rivoluzionato i legami familiari? Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia“ ci racconta questa “grande operazione” condotta dal Salvatore durante la sua predicazione in Galilea.
GUARDANDOSI NEGLI OCCHI IN SILENZIO
Gesù ci insegna prima di tutto come sboccia un amore tra un uomo e una donna.
Nella sua riflessione sul matrimonio, «ci rimanda ad una pagina del Libro della Genesi, il capitolo 2, dove appare un mirabile ritratto della coppia con dettagli luminosi. Il primo è l’inquietudine dell’uomo che cerca “un aiuto che gli corrisponda” (vv. 18.20), capace di risolvere quella solitudine che lo disturba e che non è placata dalla vicinanza degli animali e di tutto il creato».
L’espressione originale ebraica, spiega Bergoglio, «ci rimanda a una relazione diretta, quasi “frontale” – gli occhi negli occhi – in un dialogo anche tacito, perché nell’amore i silenzi sono spesso più eloquenti delle parole. È l’incontro con un volto, un “tu” che riflette l’amore divino ed è “il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio” (Sir 36,26), come dice un saggio biblico».
UN’UNICA CARNE
Da questo incontro che «guarisce la solitudine» sorgono la generazione e la famiglia. «Questo è il secondo dettaglio che possiamo rilevare – prosegue Papa Francesco -: Adamo, che è anche l’uomo di tutti i tempi e di tutte le regioni del nostro pianeta, insieme con sua moglie dà origine a una nuova famiglia, come ripete Gesù citando la Genesi: “Si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne” (Mt 19,5; cfr Gen 2,24) .
Il verbo “unirsi” nell’originale ebraico indica una stretta sintonia, un’adesione fisica e interiore, fino al punto che si utilizza per descrivere l’unione con Dio: «A te si stringe l’anima mia» (Sal 63,9), canta l’orante».
DONAZIONE VOLONTARIA D’AMORE
In questo modo si evoca l’unione matrimoniale «non solamente nella sua dimensione sessuale e corporea, ma anche nella sua donazione volontaria d’amore. Il frutto di questa unione è “diventare un’unica carne”, sia nell’abbraccio fisico, sia nell’unione dei due cuori e della vitae, forse, nel figlio che nascerà dai due, il quale porterà in sé, unendole sia geneticamente sia spiritualmente, le due “carni”».
METTERE IN PRATICA LA PAROLA DI DIO
Gesù è rivoluzionario non solo perché racconta qual è la radice da cui si genera la famiglia. Ma è all’interno della stessa famiglia che dà voce a legami profondi e intensi. Che hanno come collante lo sguardo verso Dio.
«Se è vero che Gesù si presenta come modello di obbedienza ai suoi genitori terreni, stando loro sottomesso (cfr Lc 2,51) – osserva Papa Francesco – è pure certo che Egli mostra che la scelta di vita del figlio e la sua stessa vocazione cristiana possono esigere un distacco per realizzare la propria dedizione al Regno di Dio (cfr Mt 10,34-37; Lc 9,59-62). Di più, Egli stesso, a dodici anni, risponde a Maria e a Giuseppe che ha una missione più alta da compiere al di là della sua famiglia storica (cfr Lc 2,48-50). Perciò esalta la necessità di altri legami più profondi anche dentro le relazioni familiari: “Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21)».
IL DISEGNO DI DIO
«L’orizzonte di Gesù, quando parla della condizione umana e in particolare della famiglia – conferma ad Aleteia il teologo e biblistaGiuseppe Ghiberti – all’inizio vede il disegno di Dio creatore». Gesù ha avuto una famiglia «nella quale per il maggior numero degli anni ci deve essere stata un’armonia semplice e affettuosa, non priva di momenti di confronto sereno ma assai preciso». Man mano Gesù, come ci spiega mons. Ghiberti, abbandonerà le tradizionali relazioni familiari per offrire, così un modello più alto di unione familiare. Vediamo come evolve questo “percorso” tracciato dal Signore.
OBBEDIENZA E AUTONOMIA
Le ridottissime informazioni dell’evangelista Luca, premette il biblista, «sono indicative: all’età di dodici anni, durante il pellegrinaggio effettuato con la sua famiglia a Gerusalemme , Gesù afferma con semplicità il primato del suo rapporto di ubbidienza con un Padre che non è Giuseppe; ma contestualmente Luca dice che egli cresce in sapienza età e grazia ed è sottomesso ai genitori (vangelo di Luca 2, 49.51.52)». Il Gesù che incontreremo, dopo lungo silenzio, a Cana, evidenzia Ghiberti, «confermerà nel racconto giovanneo quanto diceva Luca: egli rivendica una propria autonomia di decisione, ma poi aderisce alle richieste della madre (Gv 2,4-8)».
PREDICAZIONE ITINERANTE
Delle molte cose non riferite dai vangeli sulla vita familiare di Gesù «un posto particolare lo occupa il distacco da casa per dare inizio alla sua predicazione itinerante: la prima grande rinuncia al figlio e Luca fa pensare alla parola rivolta a Maria dal vecchio Simeone, di una spada che le avrebbe trafitto l’anima (Lc 2,35). Ma inizialmente si tratta di travaglio interiore, perché fino a quel momento tutto fa pensare che la vita di famiglia di Gesù sia trascorsa serena. Stupisce solo, per il suo tempo e la sua gente, che questo artigiano probabilmente stimato non ha programmato per sé il matrimonio: bisognerà aspettare le esplicitazioni del suo insegnamento per trovare una spiegazione nelle sue parole sugli “eunuchi per il regno dei cieli” (Mt 19,12)».
DIVORZIO NON AMMISSIBILE
La famiglia che Gesù conosce direttamente, osserva Ghiberti, «è quella ebraica, vissuta nella madrepatria con rigore formale dalla “gente per bene” e con molto minor rigore dalle autorità più alte. Nei confronti dei primi, che condividono la mentalità diffusa, Gesù interviene solo per una riforma specifica: quella del divorzio, che egli dichiara estraneo al piano di Dio creatore e quindi non ammissibile per i suoi discepoli (Mc 10,2-12), con esplicito riferimento all’inizio della creazione. In altri campi si tratta di sfumature, significative nel loro contesto. La famiglia dovrebbe essere luogo di armonia pacifica e invece l’evangelo di Gesù potrà essere causa di disunioni (Lc 12,51-53). E’ uno dei momenti in cui si afferma il primato della sequela di Gesù (cfr. Mt 8,22 “lascia che i morti seppelliscano i loro morti”)».
GESTI D’AMORE
Al contempo, osserva il biblista, «per quanto questa parola sia indicativa di una scala di valori, non procede da un’intenzione di diminuire l’importanza della famiglia, come dimostra la severa condanna di coloro che non rispettano l’obbligo di aiutare i genitori, che è radicato nella “parola di Dio” e deve esser rispettato (Mc 7,11-13)».
E d’altra parte «la tenerezza nel suo atteggiamento abituale è evidente nel suo chinarsi sulla suocera ammalata di Pietro (Mc 1,29-31), nell’accostare commosso la vedova mamma del ragazzo che viene portato al cimitero (Lc 7, 13), nel piangere per la morte dell’amico Lazzaro, fratello delle amiche Marta e Maria (Gv 11,33-36)».
TENEREZZA PER I FIGLI
Nei confronti dei figli e in genere dei bambini, sottolinea ancora Ghiberti,«Gesù ha atteggiamenti di tenerezza e parole di stima per la loro condizione. La cura dei numerosi bambini di allora certamente non era paragonabile a quella dell’attuale società occidentale, ma Gesù si distingue nell’additare nel comportamento del piccolo una sintonia con i valori del Regno: “Chi non accoglie il Regno come un bambino, non entrerà in esso” (Mc 10,15)».
SALVEZZA E FRATELLANZA
Forse, conclude lo studioso di esegesi del Nuovo Testamento, «la dimostrazione più commovente del significato che Gesù attribuisce alla famiglia si trova nel vocabolario che Gesù usa per manifestare il cuore della rivelazione: sempre sistematicamente in terminologia di famiglia. I suoi rapporti col Padre sono la grande novità della realizzazione della promesse di salvezza; solo accettando il Figlio si entra nella fruizione del dono di salvezza che egli ci porta; solo vivendo con autenticità un rapporto di fratellanza con quanti ci circondano si diventa veri discepoli di Gesù».
Redazione Papaboys (Fonte it.aleteia.org)
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