Il male non solo è sempre scandaloso ma è anche sempre ripetitivo e banale. Quante cronache da stadio si possono scrivere tali e quali, con solo i nomi cambiati ma con le stesse feroci parole: calci in testa, tanti contro uno, vigliaccheria, scappare, feriti, tafferugli, spintoni, lancio di oggetti, fumogeni, aggressioni, paura, terrore, rissa, polizia, carabinieri. Perché il male è così. Fa male. Sempre. E lo fa sempre allo stesso modo. Se cambi città, sport, tifoseria, contesto, il dolore, la paura, gli arresti sono sempre gli stessi.
Poi, volti la pagina del medesimo quotidiano sportivo e trovi il bene, c’è il bene. E ti commuovi perché, oltretutto, riguarda un italiano che, all’estero, è partito dal fondo e ha superato le multinazionali e gli sceicchi: Claudio Ranieri, che il Mourinho ora licenziato aveva chiamato mister Zeru Tituli.
Il male è tremendo da vivere ma è sempre noioso da raccontare: invece il bene è sempre fantasioso, creativo, curativo, sbalorditivo, lento, silenzioso. E finisce sempre in festa e commozione. Come ieri, quando Ranieri mentre le labbra predicavano calma e concentrazione, gli occhi non ce l’hanno più fatta e sono scoppiati a piangere: lacrime di sogni non di lacrimogeni.
Chissà se i tifosi della Lazio e del Palermo c’hanno pensato ieri. Che il bilancio del Leicester è minore di quello delle loro società. Claudio Ranieri, l’allenatore cotto, Mister “Zeru Tituli”, ha già vinto anche se il titolo della Premier League non è ancora matematicamente suo. Ha vinto in ogni caso, dice, perché adesso un giovane può guardare al Leicester e dire: “se Vardy può fare questo, se Kantè può fare questo, allora posso riuscirci anch’io. Di cos’ho bisogno per arrivare? Un grande nome? No. Un grande contratto? No. Una mente aperta, un cuore aperto, batterie cariche e via correre liberamente”.
Mentre ieri i tifosi a Palermo si picchiavano, il Leicester vinceva fuori casa e tutto lo stadio applaudiva in piedi. Perché il Leicester è ormai da tempo la seconda squadra di tutti i tifosi del mondo e Mourinho fa il tifo per il collega che aveva soprannominato “Zero Tituli”.
Perché i sogni non sono fatti d’aria ma della persona giusta che crede in te. E la persona giusta è sempre e solo la persona che abbiamo accanto, che è con noi. È quello che in Italia non sappiamo fare e spesso all’estero sì. Per questo gli italiani in patria si picchiano e all’estero trasformano il piombo in oro.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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