“Oggi alcuni, filosofi neopositivisti o analitici – ha proseguito il cardinale Ruini – contestano il senso stesso e la legittimità della domanda su Dio: la risposta sta nell’illimitatezza del nostro interrogarci, ogni limite che si cerchi di mettere suscita una nuova domanda sulla propria legittimità, e analogamente del nostro desiderare”. Perciò, ha sottolineato il porporato, “non si può escludere la domanda sulla totalità di ciò che esiste, sulla sua origine e significato, quindi su Dio”. È però “una domanda speciale che ci coinvolge e non consente un atteggiamento di neutralità: infatti con Dio o senza Dio cambia il senso e l’orientamento della nostra vita, ne siamo o no consapevoli, come spesso non sono gli agnostici e gli atei”. Questo però, secondo il cardinale Ruini, “non è solo un limite ma anche un vantaggio” perché come afferma anche S. Agostino “si conosce veramente solo ciò che si ama veramente”. Le vie per trovare Dio, o più esattamente “per lasciarci trovare da Lui”, secondo il cardinale, “sono infinite, come le circostanze della vita”. Si può, però, tentare di raggrupparle in due grandi categorie: “Vie dal basso, da noi a Dio” e “vie dall’alto, da Dio a noi”, ma “sono da ripensare nel contesto della cultura di oggi”
“Alla fine del percorso – ha proseguito il cardinale Ruini – tutto ciò che si è potuto conoscere, sempre assai imperfettamente, di Dio deve essere ricondotto a noi, al nostro rapporto con Lui, mostrando che la contrapposizione dell’uomo a Dio, concepita per affermare pienamente la centralità dell’uomo, ha portato invece non al ‘fiorire dell’uomo’ bensì al naturalismo, cioè alla negazione dell’umanesimo: l’uomo viene infatti riassorbito nella natura”. Secondo il porporato, “accostarci a Dio per le vie sia della fede sia della ragione ci mette in grado di avere una fede più consapevole, che sia all’altezza della cultura di oggi e ci aiuti a fare unità nella nostra vita di credenti”. Una fede, inoltre, “che possa essere proposta a tutti, rendendoci capaci di rendere ragione della speranza che è in noi”. Diventa chiaro, così, che “la fede in Dio non è cosa del passato ma ci illumina e ci orienta nel mondo di oggi”. “Non si tratta della fede in un Dio generico, ma della fede nel Dio di Gesù Cristo, fede che rimane un libero dono di Dio, da chiedersi nella preghiera e da accogliersi nell’ascolto umile, ma che è e deve essere anche un atto pienamente umano, quindi ragionevole: una fede pensata, nella quale mettiamo liberamente in gioco noi stessi” ha concluso il porporato.
Fonte: Agenzia Sir
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