Conversione di San Paolo. A Saulo, mentre percorreva la via di Damasco urlando ancora minacce e stragi contro i cristiani, apparve Gesù in persona e gli disse di annunciare il Vangelo della salvezza alle genti, patendo molto per il nome di Cristo. La festa di oggi ci ricorda che non c’è vero ecumenismo senza conversione.
Convertirsi, ovvero, secondo l’etimologia, è invertire la direzione. Eppure san Paolo, in cammino tra Gerusalemme e Damasco alla caccia dei cristiani, che considerava eretici, non è tornato indietro. Una luce, una voce, l’umiliazione della caduta lo hanno fatto diventare un uomo nuovo.
Eppure continuò sulla strada e raggiunse la sua meta, Damasco. Ma non come aveva immaginato e sperato, perché vi fu condotto come un infermo. La strada rimase quella ma gli occhi di Paolo ne vedevano una diversa, una nuova: quella vecchia lo portava verso l’odio, quella nuova verso la luce. Allora forse, convertirsi significa non tanto cambiare strada, ma “trasformare” la propria strada.
La liturgia cattolica ricorda l’evento della conversione di Paolo con una festa il 25 gennaio, attestata in alcuni martirologi medievali a partire dal IX secolo . Conclude in modo significativo la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordando che non c’è vero ecumenismo senza conversione.
Gli artisti hanno raffigurato più volte l’evento. Il più celebre dei dipinti è la Conversione di San Paolo (o Conversione di Saulo) di Caravaggio, un dipinto a olio su tela di 230×175 cm, realizzato nel 1601 e ora conservato nella Cappella Cerasi della Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma.
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San Paolo (che la Chiesa ricorda il 29 Giugno) era ebreo della tribù di Beniamino e il suo nome era Saulo. Apparteneva, come il padre, alla setta dei farisei.
I suoi genitori lo mandarono per tempo a Gerusalemme, alla scuola di Gamaliele, celebre dottore in legge. Sotto questa sapiente guida, Saulo, si abituò alla più esatta osservanza della legge mosaica. Questo zelo fu quello appunto che fece di Saulo il persecutore più terribile dei primi seguaci di Gesù.
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Lo vediamo nella lapidazione di Stefano custodire le vesti dei lapidatori, non potendo far altro, non avendo l’età prescritta; egli stesso però lapidava nel suo cuore, non solo Stefano, ma tutti i Cristiani, avendo in mente una sola cosa: sradicare dalle fondamenta la Chiesa di Cristo e propagare in tutto il mondo il Giudaismo.
Successivamente chiese lettere autorizzative al Sommo Sacerdote, per poter fare strage dei Cristiani rifugiatisi in Damasco. Qui però il Signore l’attendeva: qui la grazia divina doveva mostrare la sua potenza.
Eccolo sulla via di Damasco, accompagnato da arcieri, spirante furore e vendetta. Ma d’improvviso, mentre galoppa, una luce fulgida lo accieca; una forza misteriosa lo sbalza da cavallo ed egli ode una voce dal cielo che gli grida: «Saulo, perchè mi perseguiti?».
– Chi sei tu? – risponde Saulo, meravigliato e spaventato ad un tempo.
Ed il Signore a lui:
– Io sono quel Gesù che tu perseguiti.
– Che vuoi ch’io faccia, o Signore?
– chiede Saulo interamente mutato dalla grazia.
– Va’ in Damasco, gli risponde il Signore, lì ti mostrerò la mia volontà.
Saulo si alza, ma essendo reso cieco, si fa condurre a Damasco, dove rimane tre giorni in rigoroso digiuno e in continua orazione. Al terzo giorno Anania, sacerdote della Chiesa Damascena, per rivelazione di Dio, si porta nel luogo dove si trova Saulo, lo battezza e gli ridona la vista. Da quel momento Paolo è mutato da feroce lupo in docile agnello: la grazia di Dio opera in lui formando uno dei più grandi apostoli.
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Paolo, docile ai voleri di Dio, tanto crebbe nell’amore di Gesù, che arrivò a dire:
«Chi mi separerà dalla carità del mio Gesù? Forse la persecuzione? La fame? I sacrifici o la morte? Ah, no, né la vita, né la morte, né il presente, né il futuro saranno capaci di separarmi da quel Gesù per cui vivo, per cui lavoro e col quale sono crocifisso. Egli sarà la mia corona perché non sono io che vivo ma è Gesù che vive in me.»
Le quattordici lettere scritte dal santo che ci sono pervenute, ognuna delle quali mette a nudo la sua anima, ci fanno intravedere il miracolo della grazia operato sulla via di Damasco. Inoltre, sono un pilastro dottrinale del cristianesimo e un riferimento imprescindibile per i fedeli di tutte le epoche storiche e di tutti i continenti.
San Paolo trarrà dalla sua esperienza questa consolante conclusione:
“Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Appunto per questo ho trovato misericordia. In me specialmente ha voluto Gesù Cristo mostrare tutta la sua longanimità, affinché io sia di esempio per coloro che nella fede in Lui otterranno d’ora innanzi la vita eterna“.
Queste parole di Gesù percorrono
tutte le strade del mondo
e interpellano anche la nostra coscienza.
“perché mi perseguiti?”;
queste parole trasformarono Saulo in Paolo!
Paolo, apostolo di Gesù,
tu eri violento e sei diventato mite
fino a scrivere un inno alla carità;
tu eri orgoglioso e sei diventato umile
fino a divenire un povero schiavo;
tu eri un persecutore
e sei diventato perseguitato
per amore di Gesù fino al martirio.
Paolo apostolo senza paura,
prega perché si aprano i nostri occhi
per vedere il vero tesoro della vita;
prega perché si spezzi in noi il muro
del compromesso e della mediocrità
per diventare missionari di Gesù
con tutti, dovunque, sempre,
con la vita e con le parole. Amen.
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