Ogni giorno, persone bisognose – italiane e straniere – trovano un pasto caldo e calore umano nella Mensa di San Francesco Poverino nel centro storico di Firenze. Martedì prossimo, 10 novembre, la Mensa gestita dalla Caritas diocesana avrà un ospite d’eccezione: Papa Francesco, che – in occasione della sua visita nel capoluogo toscano – ha chiesto di poter pranzare con i più poveri della città.
Su questo importante momento della giornata fiorentina di Francesco, Alessandro Gisotti della Radio Vaticana ha intervistato Alessandro Martini, direttore della Caritas di Firenze:
R. – Il Papa ci onora della sua visita e del suo passaggio tra noi, è una grande emozione… passerà alla storia. In questi giorni, parlando un po’, pensavo appunto alla sua normalità: è la ferialità proprio del gesto, del mettersi a tavola…
D. – Che cosa le dicono, in questi giorni, tanto le persone che vengono accolte dalla mensa quando i volontari che la mensa la fanno vivere?
R. – C’è un senso di gioia da parte di tutti, anche di emozione… Naturalmente, ogni giorno abbiamo un gruppo di volontari, suddivisi nei giorni della settimana: per cui quel giorno serviranno a tavola i “volontari del martedì”… Ma, come era ovvio che fosse, tutti i volontari avrebbero voluto incontrare il Papa: allora il gruppo dei volontari di quelli degli altri giorni lo accoglieranno nella sala di ingresso e avranno così anche loro modo di salutarlo. Questo ha riempito di gioia tutti e ha riempito di gioia anche i giovani, gli anziani, italiani e stranieri – perché c’è una grande varietà da questo punto di vista – che potranno sedersi a mensa con lui. Per quella giornata, abbiamo pensato di fare un grande tavolo che accoglierà circa 70 persone, insieme con il Santo Padre e l’arcivescovo di Firenze, che è l’unico – diciamo – invitato “extra”, anche perché il nostro cardinale è il responsabile della Caritas e potrà quindi pranzare insieme a questo gruppo di persone che ogni giorno vive l’esperienza della mensa.
D. – Pensa che gesti come questo potranno anche aiutare la comunità non solo cristiana, ma anche la società civile fiorentina, a dare maggiore aiuto e sostegno a chi ha bisogno?
R. – Di questo ne sono certo. E ne sono certo perché ho molti segnali anche concreti: tanti amici, persone che conosco – tanti, tanti, tanti! – almeno qui a Firenze stanno aspettando questo giorno per incontrare una persona che è a loro cara, indipendentemente dal loro attaccamento a una esperienza di fede vissuta quotidianamente. Anche questo del mangiare con i poveri e farlo nel modo normale, come tutti i giorni facciano anche senza di lui, è un segno che viene molto apprezzato e soprattutto – direi – proprio da chi è un po’ distante, almeno formalmente, dal nostro vissuto ecclesiale.
D. – Come in tante altre mense della Caritas di altre città, ci sono anche molti italiani: sappiamo quanto sia pressante anche il problema della perdita del lavoro… Francesco tante volte ha sottolineato, con toni veramente vibranti, quanto la dignità del lavoro sia importante. Cosa può dire al riguardo?
R. – Noi abbiamo tante storie che si intrecciano anche nella nostra mensa storica. Abbiamo qualcuno che viene e ci chiede – con molta umiltà – di venire senza fare la fila, quella che normalmente si fa per entrare, perché si vergogna e ha paura che qualcuno da fuori lo veda. Ci sono persone che hanno avuto delle attività fino a poco tempo fa, che ora sono in grosse difficoltà, che sono rimaste sole… Per tradizione, alla nostra mensa non si arriva solo per mangiare: c’è una grande sale di ingresso in cui, già dalle 9 del mattino, specialmente le persone anziane del quartiere, che sono sole, si ritrovano a parlare fra di loro. E’ un luogo di umanità. E questo Papa viene a confermarci in questa umanità e viene a dirci che anche lui, che è così importante, così straordinario nella sua missione, è veramente uno di noi ed è uno che condivide con noi: non per fare lo “show”, ma per darci un segno di come nella semplicità, nella sobrietà, nell’attenzione agli ultimi probabilmente si ritrovano anche le ragioni del nostro essere umani.
E siccome il Convegno, all’interno del quale si svolge questa giornata, ci richiama all’umanesimo cristiano, questo è un modo per dimostrare che per noi l’umanesimo cristiano è lo sporcarci le mani tutti i giorni, stare con gli ultimi, starci con il cuore puro possibilmente – per grazia di Dio – ma anche con la voglia di “compromettersi” per e con quelli che fanno più fatica a tenere il passo di questa società, così complessa e così difficile da gestire.
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