Mons. Álvaro del Portillo fu un “sacerdote zelante che seppe coniugare una intensa vita spirituale fondata sulla fedele adesione alla roccia che è Cristo”. E’ quanto afferma Papa Francesco in un telegramma, a firma del Cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, inviato alla Pontificia Università della Santa Croce in occasione del Convegno organizzato per ricordare il centenario della nascita del primo successore di San Josemaría Escrivá de Balaguer alla guida dell’Opus Dei e che sarà beatificato il prossimo 27 settembre. Sottolineando il “generoso impegno apostolico che lo rese pellegrino nei cinque continenti, seguendo le orme di San Josemaría e meritevole” della frase biblica tratta dal libro dei Proverbi ‘L’uomo leale sarà colmo di benedizioni’, Papa Francesco ha additato ai convegnisti l’esempio di Del Portillo, primo cancelliere dell’Università della Santa Croce, esortando concretamente a “imitarne la vita umile, allegra, nascosta e silenziosa, ma anche decisa nel testimoniare la perenne novità del Vangelo, annunciando l’universale chiamata alla santità e la collaborazione, con il quotidiano lavoro, alla salvezza dell’umanità”.
Il Santo Padre Francesco ha inviato un messaggio per i 450 anni della presenza delle monache agostiniane nel Monastero dei Santi Quattro Coronati, a Roma. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Papa auspica che questo anniversario possa rinsaldare le religiose “per sostenere la quotidiana opera della Chiesa che cammina tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” e chiede “di perseverare nella preghiera” a sostegno del suo ministero petrino. Era il 12 marzo del 1564 quando il Monastero dei Santi Quattro Coronati accolse una comunità di claustrali agostiniane. Oggi la comunità conta 13 monache, 2 novizie e 2 postulanti. Nel Libro del Memoriale del Monastero, tra i tanti eventi, si ricorda anche l’ospitalità data ad alcuni ebrei, come chiesto da Pio XII.
Cosa significa per voi abitare in un luogo che ha una vita monastica di 450 anni? Essere inserite in un solco di santità, di fedeltà alla Chiesa, di amore grato a Gesù, all’uomo. Il monastero poggia le sue fondamenta su costruzioni romane. Nel chiostro c’è il secondo battistero romano, rinvenuto da poco. Le pietre che calpestiamo sono le medesime che hanno calpestato Pietro e Paolo: mi piace pensarlo. Mi piace pensare anche che sono pietre dove i primi cristiani hanno poggiato le loro impronte, i cristiani che hanno ascoltato per primi le parole di Paolo, la Lettera ai Romani.
Quali sono le pagine più significative della vostra storia? E’ difficile sintetizzare 450 anni di storia. Le monache sono state sempre fedeli all’intuizione originaria, fedeli alla Chiesa di Roma, alla città, alle esigenze di ogni uomo. Il secolo scorso, per esempio, ha avuto due guerre mondiali. Nella prima hanno condiviso ogni cosa, dal pane all’erba dell’orto. Nella seconda hanno aperto, per ordine di Pio XII, persino le porte della clausura per accogliere i fratelli ebrei, i partigiani.
Cosa significa oggi essere una monaca agostiniana? Essere donna di comunione, donna che ogni giorno cerca Dio, donna che si lascia guidare dalla Parola, per avere luce per lei e per la vita di ogni uomo che l’avvicina, donna aperta al dialogo, con ogni fratello. Posso sintetizzare con tre parole dell’omelia che Papa Francesco ha fatto ai cardinali il giorno dopo la sua elezione: una donna che cammina con Dio, che edifica la Chiesa con una vita di comunione, che confessa nella semplicità e fedeltà di ogni giorno l’amore che la abita. Penso che queste siano proprio le cose importanti di una donna agostiniana.
450 anni di storia, tanti avvenimenti nel corso di questi secoli, ma tale e quale è la vostra vita monastica. Eppure la vostra clausura è nel pieno centro di Roma… Sì, siamo al centro di Roma, la città eterna, questo si respira. Ogni evento della Chiesa è nostro in modo particolare. L’eco si vive. Penso al giubileo. Noi abbiamo vissuto l’esperienza del chiasso dei giovani, ma era un’eco bella. Anche i giovani che venivano a condividere la nostra vita. Ecco, la nostra vita contemplativa ha gli stessi ritmi dell’inizio: cambiano le persone, lo stile, ma è Dio che ha chiamato le prime, che ha chiamato noi, che chiamerà, facendo con ogni persona, con ogni sorella, una storia di vita per la Chiesa e per gli uomini. Le modalità, certo, cambiano, ma è sempre Lui che muove ciascuna di noi e la Chiesa.
Come vedete il prossimo futuro della vostra vita monastica? Il futuro lo conosce Dio. Prego che le sorelle che verranno si mettano nelle mani di Dio, si lascino portare per gridare con la vita l’amore che le abita. I mezzi, i modi, li suggeriranno la Chiesa e il progresso tecnico. a cura di Ornella Felici*
* La fonte dell’articolo è tratta da: radio vaticana.it
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