Morta a soli 23 anni Sandra Sabattini è stata dichiarata venerabile nel marzo 2018, chi ne conosce la vita la definisce già «la santa fidanzata». Al Meeting di Rimini, nella mostra a lei dedicata, abbiamo incontrato e intervistato Stefano Vitali la cui guarigione da un tumore incurabile potrebbe essere il miracolo decisivo per la beatificazione di Sandra.
Il primo giorno in cui sono entrata nei grandi padiglioni del Meeting di Rimini mi sono imbattuta in un sorriso disarmante: tra il via vai di moltissime persone e i saluti coi tanti amici incontrati, il volto di Sandra Sabattini mi ha attirato a sé. La sua fotografia gigante campeggiava in alto come invito a visitare la mostra a lei dedicata, per conoscere la storia e l’anima di questa «santa normalissima».
Abbiamo già scritto di lei, una ragazza precocemente strappata alla vita che coi suoi vent’anni aveva messo a fuoco una sorprendente pienezza di vita innestata nel rapporto con Dio.
Può esserne un esempio, tra i molti, questa frase che giovanissima scrive al papà per il suo compleanno (era il novembre 1982):
“Bisognerebbe avere tutti i giorni un’anima stupefatta, perché la libertà vera è uno spazio infinito dello spirito. Colui che è pieno di sé è già vecchio, perché non ha più spazi liberi nell’anima.“
Romagnola e innamorata della presenza delle cose semplici attorno a sé, questa era Sandra. Cresciuta nella fede dentro l’esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, aveva colpito Don Oreste Benzi come modello giovanile di eccezionale fedeltà evangelica. Viveva, meditava, scriveva e aiutava: Sandra aveva maturato un’ipotesi di vita come dono di sé, si dedicava senza risparmio agli altri – disabili, tossicodipendenti e poveri. Si era iscritta a Medicina con l’idea di andare in missione in Africa. Ha vissuto un fidanzamento casto con Guido, la loro relazione – e la stessa vita di lei – fu interrotta da un’incidente accaduto nell’aprile del 1984: travolta da un’auto Sandra morì prima di compiere 23 anni.
Questa vita semplicissima, eppure limpidissima nella certezza che la felicità vera consiste nel dare interamente la vita a Chi ce l’ha donata, sta camminando sulla via della santità. Fu lo stesso Don Oreste Benzi a promuovere l’apertura della Causa di beatificazione. L’inchiesta diocesana, dal 27 settembre 2006 al 6 dicembre 2008, ha raccolto e vagliato una sessantina di testimonianze. Il 6 marzo 2018 Papa Francesco ha riconosciuto Sandra Sabattini come venerabile.
Al vaglio c’è anche un miracolo accaduto proprio a un altro membro della Papa Giovanni XXIII, per essere ufficialmente dichiarato tale dovrà seguire tutta la trafila prevista e richiederà il tempo necessario. Ma chi l’ha vissuto in prima persona, sa in cuor suo cosa è accaduto. Nel 2007 Stefano Vitali (già segretario di Don Benzi) scoprì di avere un tumore inguaribile al colon. I medici gli diedero pochi mesi di vita; dopo una prima operazione, infatti, nel suo corpo rimanevano 45 linfonodi metastatici aggrappati a tutti gli organi vitali. Don Oreste affidò immediatamente Stefano a Sandra, l’intera comunità pregò la giovane per la guarigione. La cronaca medica documenta che dopo tre mesi ci fu la remissione clinica completa di tutta la malattia, caso quasi unico nelle statistiche sui tumori al colon.
Al Meeting di Rimini ho incontrato Stefano che mi ha aperto il cuore sul suo rapporto di sopravvissuto con una «santa normale».
Era una ragazza normale, è tra quelli che il Papa chiama «i santi della porta accanto». La sua vita era radicalmente normale. Ripeto: radicalmente, cioè vissuta fino in fondo nella sua normalità; potevamo averla come vicina di casa o compagna di classe. Era raggiungibile. A me piace pensare che il Papa l’abbia inserita tra le figure da seguire proprio perché lei ci dimostra che se ognuno di noi vive la sua vocazione, qualunque essa sia, in modo radicale il mondo cambia davvero. Il richiamo continuo che Sandra faceva già nella vita e ci può fare anche dal Cielo è quello di vivere fino in fondo ciò che abbiamo per le mani; noi oggi abbiamo bisogno di persone vere, che stimolino ciascuno a essere vero. Il suo messaggio per noi è: se sono davvero radicale con la chiamata che ho avuto, il mondo non sarà uguale a come l’ho incontrato.
Chi fa così costruisce tantissimo e c’è bisogno di questo richiamo personale, altrimenti noi pensiamo che il cambiamento arrivi da altro o da altri, che piombi chissà dove dall’alto. Sandra ci insegna che noi siamo protagonisti dentro le cose che abbiamo scelto. Ognuno di noi è chiamato alla santità, quella semplice della vita vissuta.
Di Sandra mi sta a cuore dire che lei aveva un rapporto dialettico molto forte col tempo che passa, col tempo donato, col tempo da vivere.
Lei scrive tante volte che odia perdere tempo, che il dono della vita che il Signore le ha dato non può essere sprecato. Lo investe perciò come tempo da dedicare agli altri. Due giorni prima di morire scrive che il tempo è un regalo che il Donatore fa e te lo può togliere in qualsiasi momento. Per quel che riguarda me, questa urgenza sul tempo che Sandra sentiva è arrivata dopo, quando ho sbattuto contro la fine del tempo a causa della malattia che non dà scampo. Da quando sono guarito, da 12 anni a questa parte, la mia vita è un continuo chiedere scusa per il tempo perso, oggi capisco che mi è stato regalato.
Il tumore è arrivato in un momento della mia vita in cui mi sentivo onnipotente. Ero assessore, ero stato segretario di Don Oreste Benzi, insomma l’impressione era che io fossi il Dio di me stesso. Il senso di onnipotenza insinua anche la convinzione che non ti può succedere nulla. Invece, da un giorno all’altro mi sono sentito dire che un tumore al colon avrebbe messo fine alla mia vita in breve. A quel punto è cambiato tutto. Il miracolo vero è stato che dal giorno in cui mi sono svegliato dall’operazione – e Don Oreste aveva già cominciato a pregare Sandra per me – io ho vissuto qualcosa di assolutamente nuovo. Ero uno Stefano diverso. Mi fu detto che mi restavano solo sei mesi, ma io ero in pace; il tempo, di cui ho parlato prima, mi si mostrava come un dono vero.
Avevo dei figli piccoli a quel tempo e questo mi aveva spinto a scegliere di far vedere loro che un padre poteva morire serenamente. La guarigione successiva è stata una Grazia totale, un’esperienza di pulizia non solo fisica dalla malattia ma anche spirituale. Ero pieno di linfonodi metastatici che poi sono spariti, però la Grazia è stata anche lo sparire di molte ombre interiori che avevo prima. Da allora mi è impossibile vivere senza la tensione di non sprecare il tempo che mi è dato. Mi sento un sopravvissuto ogni giorno e non è facile; tutte le volte che qualcuno non ce la fa vivo una ferita profondissima, precipito nella domanda dolorosa di chiedermi se mi merito ciò che è accaduto. Quando l’ufficialità del mio miracolo è andata avanti, mi sono detto che quello che è capitato a me poteva servire per rendere Sandra una testimone più grande, perché lei potesse aiutare sempre di più le persone. Ecco, solo questo pensiero mi dà pace.
Di Annalisa Teggi per Aleteia.org
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