Sarebbero mondi diversi ma ormai da rendere tutti eguali nell’esercizio del pensiero inglobato da possibili ed ipotetici dominatori? Eguali in che modo? Eppoi e’ veramente ben allocato cio’ che si impianta in terra lontana? Ed il soggetto allocante soppianta ammirevolmente il locale o per meglio dire il neoallocato? Che qualita’ ha il neoallocato? E che qualita’ ha ora il territorio che fu locale e che viene ora cancellato? E che qualità ha il prodotto esportato? È veramente originale ed immacolato, immune da contaminazioni?
Un territorio che vive una estranea neopresenza ma sotto forma di sfigurazione della propria identità, celebra malinconicamente l’ assenza di cio’ che fu presente e familiare. Ma in un territorio che e’ costituito dalla maggioranza di coloro che sono il cio’ che fu in quell’esatto luogo con il nuovo colonizzante che significato ha? Credo che i mischiamenti debbano essere ispirativi e non inglobanti e neppure colonializzanti. Torni da un luogo lontano e porti il tuo entusiasmo di cose nuove vissute. E mischi. Ma portare di sana pianta ed imporre oppure destituire un luogo a favore di un nuovo locamento deprime ciò che è esistente e che non sarà più sereno ed originale come prima.
Le novità sono belle e spezzano la routine del giorno sempre uguale. Ma la novità è giusta se soppianta?
Oppure se pensiamo a quelle case popolari che spesso e mal volentieri odorano ora soltanto di aglio e curry. Non vi siete mai soffermati in un pianerottolo per odorare, inalare, i profumi di abbacchio alla romana con le patate al forno? Scordiamocele.
La discoteca e il povero proletario. Il piercing ed il genitore che si alza la mattina per andare al negozio di carrozzeria. La moto da corsa che miete vittime ed i nonni che facevano trenta chilometri a piedi da un paese all’altro per lavorare. Le droghe di ogni tipo chimico ed il vecchio rito dal vinaio oppure una partita a carte.
La cancellazione oppure la sostituzione di un linguaggio appropriato e acclarato con nuove forme di comunicazione oscure alle precedenti sembrano piccole rivoluzioni silenti. Come la colonizzazione silente. Imporre. Escludere l’anziano. Cancellare il meraviglioso costruito. Formare branchi. Costituire blocchi inindividuali e collettivizzati. Blocchi diversi in lotta fra loro. Guerra dell’esistenza. Silente. La nostra vecchia Europa dove andrà a finire. Le nostre famiglie esisteranno ancora? Ed allora quando Benedetto XVI parla di relativizzazione, non è la tesi regina del nostro tempo? Un kebab potrà mai sostituire l’ostia? Un corpo di Cristo potrà essere esibito negli scaffali di un supermercato?
di Marco Celli Stein*
*Direttore di Orchestra e Presidente Associazione Musicale Internazionale
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