Nacque Rita a Rocca Porena, paesello nei pressi di Cascia nell’Umbria, l’anno 1363.
Sotto la vigile cura dei genitori la bimba cresceva giudiziosa e pia, come un fiore di serra, con particolar tendenza alla solitudine ed alla preghiera.
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Era suo vivo desiderio di consacrare a Dio la sua verginità, ma i genitori vollero che si sposasse. Lo sposo era burbero e collerico, ma Rita, armata di pazienza, tutto seppe sopportare, ricambiando bene per male, senza che in diciott’anni di matrimonio la concordia venisse infranta in quella casa.
Uomini pessimi le trucidarono il marito. Ella, anzichè pensare a farne vendetta, pregava Dio per quegli infelici, non solo, ma si studiava di istillare nei suoi due figliuoli l’eroismo del perdono cristiano. Scorgendo che crescevano tuttavia bramosi della vendetta pregò istantemente il Signore che li volesse prendere in cielo prima che avessero tempo a macchiarsi di sangue. Dio l’esaudì.
Libera da ogni cura di famiglia, pregò di essere accolta nel monastero delle Agostiniane. Per ben due volte ricevette un brusco diniego, finché il Signore volle appagare il suo desiderio con un prodigio.
Stando nel cuore della notte in orazione, gli apparirono San Giovanni Battista, Sant’Agostino e San Nicola da Tolentino, che le rivolsero parole di conforto, la invitarono a seguirli e miracolosamente la introdussero nel monastero. Quelle vergini, ammirate e commosse, non esitarono più a riceverla per loro consorella.
Non tardò molto la buona vedova a divenire lo specchio di ogni virtù. Ubbidiva colla semplicità di una fanciulla; la Superiora le ordinò un giorno di innaffiare un legno secco ed ella non esitò un istante a farlo.
Rita era l’innamorata del Crocifisso. La passione di Gesù era la sua meditazione prediletta e ne rimaneva così infiammata da versar abbondanti lacrime.
Un giorno, mentre pregava con più intenso fervore e supplicava l’amato Gesù ad associarla alla sua passione, un raggio di luce partì dal Crocifisso, si riflettè sul capo di Rita, poi una spina si staccò dal capo adorabile di Gesù e venne a trafiggere la sua fronte; vi produsse una profonda ferita seguita da un’insanabile piaga, che rimase fino alla morte; piaga che oltre ad acuti dolori esalava un grande fetore, per cui ella per non infastidire le sorelle amava restare solitaria e conversare con Dio.
Gesù la faceva davvero patire a sua imitazione. L’ultima sua malattia durò quattro anni: anni di acuto e lento martirio, che fornirono la misura della sua eroica pazienza e insaziabile brama di patire. Gesù, con un miracolo, mostrò quanto gli fosse caro il suo patire.
Era un rigidissimo inverno; il gelo e la neve erano abbondanti. Rita pregò una donna di Rocca Porena che andasse al suo antico orto e le portasse ciò che v’era di maturo e di fiorito. Si credette scherzasse: però, passando di là, quella signora scorse due freschi fichi ed una bella ed olezzante rosa era un regalo del suo Gesù.
Vicina a morire udì Gesù e la sua santa Madre che la invitavano alla celeste dimora, alla quale volò il 22 maggio del 1439.
I fedeli la chiamano la «Santa degli impossibili».
Fonte www.santodelgiorno.it
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