Distruggono il crocifisso: gli scrive un sacerdote
Un atto di vandalismo bruttissimo che ci fa’ molto riflettere…
Riportiamo da Avvenire.it la lettera toccante scritta alla banda di ragazzi tra i 16 e i 19 anni che ha distrutto a colpi di mazza un Crocifisso sulle colline bolognesi, lungo la strada tra Vidiciatico e Monte Pizzo, vicino a Lizzano in Belvedere.
L’atto di vandalismo sacrilego è stato filmato con lo smartphone. Un gesto sconcertante, che ha spinto don Maurizio Patriciello a scrivere una lettera aperta agli autori del gesto sacrilego.
La lettera di don Maurizio Patriciello
Ho letto, ho sofferto, mi sono fermato, ho riflettuto. Mi son detto che forse è meglio lasciar stare, far scorrere l’acqua della dimenticanza su questo episodio triste e doloroso. La vostra “ragazzata” blasfema nei confronti del Crocifisso, distrutto a mazzate mi ha rattristato tanto ma non riuscivo a capire bene il perchè.
Poi mi sono reso conto che la mia pena non era per lui, il Signore cui milioni di persone hanno donato la vita, ma per voi. Vi siete accorti, ragazzi, che l’uomo inchiodato al legno, vi ha lasciato fare senza opporre resistenza? In quei momenti nemmeno potete immaginare quanto vi amava.
Se, come spero, vi siete imbattuti, qualche volta, nei vangeli, avrete notato che ha usato con voi lo stesso atteggiamento di quando, duemila anni or sono, fu condannato a morte. Taceva allora, tace oggi, tacerà domani. Il suo mutismo, la sua apparente debolezza, il suo lasciar fare, non vi nascondo, che indispongono non pochi tra coloro che gli vogliono bene. E, come già gli apostoli, vorrebbero difenderlo, magari dandovi una sberla.
Ma non ce n’è bisogno. Perché lui su quella croce ci è salito anche per voi, per i vostri coetanei, per i vostri cari. Ho letto che quella sera eravate alquanto alticci – qualcuno dice addirittura ubriachi – , perciò, non pienamente responsabili delle vostre azioni. Ma questa è una cosa grave. Chi non risponde delle sue azioni è in pericolo; la vostra salute, fisica e psichica, è in pericolo.
Chi è nato prima di voi dovrà pur dirvi che cosa accade nel vostro giovanissimo organismo quando è costretto a fare i conti con l’acool. Dopo aver bevuto, quindi, – prendo per buone le vostre giustificazioni – non siete stati più padroni di voi stessi e avete commesso una vigliaccata di cui oggi dovete vergognarvi? Sono convinto che, conoscendo bene la sua vita e il suo pensiero, non avreste tardato a schierarvi dalla sua parte.
Lui non ha avuto paura di scagliarsi contro l’ingiustizia, l’ipocrisia, la ricchezza accumulata ai danni dei poveri, il potere – civile, religioso, militare – meschino ed egoista.
Sento il dovere di dirvi che i vostri coetanei della mia parrocchia, Adriano, Pio, Francesco, Umberto e tanti altri, a quel Gesù che voi avete maltrattato, vogliono un gran bene. Lo interpellano, lo pregano, gli chiedono di assisterli nel cammino della vita. Meritavano il vostro rispetto, non è vero? Nella loro acerba sapienza hanno imparato che tutti gli uomini, a qualsiasi credo appartengano, qualsiasi sia il colore della loro pelle o il loro conto in banca, meritano attenzione, rispetto. Nelle loro camere, gelosamente custodiscono quella croce che voi, senza riguardi, avete vituperato.
Non riescono a capire come possa un ragazzo della loro età, cui non mancano occasioni e mezzi per divertirsi e far baldoria, sentire il bisogno di fare quello che voi avete fatto. Si chiedono, e mi chiedono, perché; ma l’unica, autentica motivazione la potete dare solamente voi. No, non ce l’abbiamo con voi, al contrario, insieme ai vostri genitori, ai vostri insegnanti, al parroco che vi ha battezzato, ci chiediamo dove si è inceppato il vostro percorso educativo. Che cosa chiedevate che non siamo stati capaci di darvi?
Ho letto che qualcuno di voi, avrebbe voluto, per beffa, recitare l’Ave Maria, ma si è accorto di averne dimenticato le parole.
Sapete, ragazzi, quante milioni di volte quella preghiera semplice è comparsa sulle labbra dei vostri fratelli e sorelle in umanità? Sapete quante persone, nel momento della morte, hanno trovato conforto nel recitarla? No, ragazzi, non andiamo per niente bene; riprendete, vi prego, il vostro cammino, allegro, spensierato, rispettoso di tutti. Ritrovate, o iniziate a gustare, la gioia che si prova nel fare un po’ di bene ai bisognosi e vi accorgerete che non c’è bisogno di inventare gradassate. State sereni, quindi, non siamo arrabbiati con voi, ma solo tanto addolorati.
Aiutateci, però, a capire cosa possiamo fare perché non abbiate ancora a farvi e a farci male.
Posso rivolgervi un invito? Volete venire a visitare Napoli e incontrare Adriano, Umberto, Francesco, Pio e la loro chiassosa comitiva? Sono certo che vi farete un grande bene e nascerà tra voi un’amicizia che conserverete per il resto della vita.
In bocca al lupo, ragazzi, o, meglio, Dio vi benedica.