LA BESTEMMIA DÀ ADITO AL DEMONIO DI ENTRARE NELLA VITA E NELLA FAMIGLIA DEL BESTEMMIATORE
In un albergo di San Giovanni Rotondo non si poteva riposare né di giorno né di notte, perché c’era una bambina indemoniata che urlava da far spavento. La mamma portava ogni giorno la piccola in chiesa con la speranza che Padre Pio la liberasse dallo spirito del male.
Anche qui il baccano che si verificava era indescrivibile.
Una mattina dopo la confessione delle donne, nell’attraversare la chiesa per far ritorno in convento, Padre Pio si ritrovò davanti l’energumena che urlava paurosamente, trattenuta a stento da due o tre uomini. Ad un medico presente il Padre disse di portarla da san Michele, al vicino santuario di Monte Sant’Angelo, distante poco più di venti chilometri. Luciano Livellara, di Milano, mise a disposizione la sua macchina ove insieme alla bambina prese posto la madre; in un’altra auto salì il medico ed un frate robusto, a cui Padre Pio aveva detto di accompagnare i pellegrini.
Questi, arrivati a destinazione, entrarono nella grotta dove è apparso san Michele.
La bambina si rianimò, ma non c’era verso di farla avvicinare all’altare dedicato all’Arcangelo: l’autista, il medico, il frate ed un altro signore, che si era aggiunto a loro, non erano capaci di tener fermo questo essere minutino che sfuggiva da tutte le parti.
Ci fu un istante fortunato per i volenterosi benefattori: il frate con un gesto rapido ed energico riuscì ad afferrare la piccola mano che sfiorò l’altare di san Michele. La bambina come folgorata piombò a terra.
Si riebbe poco dopo, tutta serena e tranquilla come se non fosse successo nulla, e con dolcezza chiese: «Mamma, mi compri un gelato?».
Esaudito il desiderio della bambina, la piccola comitiva ritornò a San Giovanni Rotondo per informare e ringraziare il Padre, il quale rivolto alla mamma disse:
«Di’ a tuo marito che non bestemmiasse più, altrimenti il demonio ritorna».