L’Alta corte di Londra accetta il ricorso per il trasferimento della piccola di 5 anni al Gaslini: il verdetto a settembre. Per ora, i medici non potranno intervenire contro la volontà dei genitori
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Una speranza per la piccola Tafida Raqeed c’è. Anche se molto sottile. ll giudice dell’Alta Corte britannica, Alistair MacDonald, chiamato ieri a esprimersi sulle sorti della bambina di 5 anni, a cui il London Royal Hospital vuole sospendere la ventilazione artificiale che la mantiene in vita, ha accolto il ricorso della famiglia rimandando a settembre ogni decisione.
L’attesa dei genitori è, certo, stata delusa. «Non ci resta che aspettare – commenta la mamma, Shelima Begum
– ma in fondo non abbiamo altra scelta che questa. Andiamo avanti». La battaglia legale per tenere in vita la piccola è, in fondo, appena cominciata. Fonti vicine alla famiglia lasciano intendere che la decisione del giudice non era affatto scontata. «Il tribunale – dicono – avrebbe già potuto rispondere con un “no” secco, come successo in altri casi, ma non lo ha fatto».«Va detto – aggiungono – che decisioni come questa, di tipo amministrativo, si sarebbero potute prendere molto più in fretta, anche nell’arco di qualche giorno». Ma il giudice ha preferito prendere tempo. Per il momento, però, Tafida è salva, e nessuno potrà staccare dal suo lettino il ventilatore che l’aiuta a respirare. Le condizioni della piccola sono al momento stabili. La preoccupazione della famiglia, è che i trattamenti a cui è sottoposta al London Royal Hospital possano esporla al rischio di infezioni.
È questo il motivo per cui, agli occhi dei genitori, un’attesa di 30 giorni, può sembrare interminabile. In vista della sentenza definitiva, il team di avvocati ed esperti che supportano la famiglia Raqeen dovrà riorganizzare documenti e testimonianze. L’obiettivo è di far valere il diritto alla libertà di cura della bambina
in un Paese estero, in questo caso l’Italia, contro «il miglior interesse» del paziente a morire, come chiesto dalla controparte.La scorsa settimana, la direzione sanitaria dell’ospedale Giannina Gaslini, ha confermato la disponibilità ad accoglierla. Ha riconosciuto, comunque, «l’estrema gravità delle condizioni cliniche» della paziente. Ciò che differenzia, in modo sostanziale, l’approccio italiano riguarda la sospensione delle cure: contrariamente a quanto avviene nel Regno Unito, non possono essere autorizzate se non in caso di «morte cerebrale», quadro diverso da quello di Tafida.
«Sono estremamente grata a tutto il popolo italiano, alla Liguria e al Gaslini di Genova per tutto quello che stanno facendo per sostenere la nostra causa», dice commossa mamma Shelima. Sul caso è intervenuto anche il vescovo John Sherrington: «Spero che in questo processo – ha detto – tutto il peso venga dato ai desideri dei genitori, pur rispettando il giudizio clinico dei medici che si prendono cura della bambina.
Di Angela Napoletano per Avvenire.it
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