La misericordia è il filo rosso che percorre tutto il pontificato di questo Papa ma, se scorrete quotidiani e siti che parlano dell’Anno Santo, vi accorgerete che pochissimi hanno raccontato che un venerdì al mese il vescovo di Roma compirà in forma di visita privata dei segni, con l’intenzione di sottolineare le grandi forme di disagio, di emarginazione e di povertà che sono presenti nella nostra società.
Molti, come ha fatto Luca Salici, si chiedono quale sia il rapporto tra giustizia e misericordia, come una giustizia possa prescindere dalla misericordia e come sia possibile, per esempio per i parenti delle vittime, perdonare chi ha tolto loro un figlio, un fratello, una persona che amano.
Perdonare è gratis, è porgere l’altra guancia, e sembra non starci dentro la logica della legge, della legalità. La giustizia parla di proporzione tra colpa e pena, tra danno e risarcimento; invece la misericordia sembra rompere questo patto. La giustizia mette in linea i piatti della bilancia, la misericordia li scombina. Per Gesù Cristo però non è così, ma questo pochi lo dicono. Questo Papa, sottolineando fortemente la necessità delle opere di misericordia per ricevere a propria volta misericordia, lo grida fortemente. Il Dio cristiano ha misericordia dell’uomo, della singola persona, nella misura in cui quest’ultima ha misericordia di un altro uomo: “così come”, questa è la formula che moltissimi ignorano e così trasformano la misericordia in un generico buonismo sdolcinato.
Gesù nel Padre nostro ci raccomanda di dire “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6) e non è un’affermazione isolata: basti pensare alla parabola dell’uomo cui viene rimesso un debito di diecimila talenti ma che poi viene punito con il carcere perché non rimette a propria volta il credito di cento denari che aveva (Mt 18). La soluzione del misterioso rapporto tra giustizia e misericordia sta nella proporzione per cui riceve misericordia da Dio chi (e come e quanto) dà misericordia agli uomini.
Ecco il motivo per cui le opere di misericordia – cioè dar da mangiare, dar da bere, dare un tetto per la notte, come fa l’ostello Caritas – sono così collegate all’Anno della Misericordia. Quando un uomo non ha l’essenziale – non importa che sia un senza tetto o un profugo o un immigrato o uno zingaro – è necessario che io mi senta coinvolto perché in questa misura mi saranno condonate quelle pecche esistenziali che ciascuno di noi possiede. Oltretutto, la mera giustizia di chi non passa per questo triangolo (non solo io e te, ma io e te e un terzo che qualcuno chiama Dio ma si può chiamare anche in altro modo) spesso degenera in vendetta e violenza, perché la giustizia umana è fallace, esercitata com’è da esseri fallaci attraverso leggi umane fallaci e tribunali umani fallaci.
Il perdono invece (cioè la giustizia attraverso “il triangolo”), che non è necessariamente riconciliazione, è sempre un atto interiore che ci libera dallo status di vittima in attesa di eterna giustizia e ci dona di essere persone libere di ricominciare a vivere.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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