RIFLESSIONE SUL VANGELO DI QUESTO MARTEDI’ – “Chi semina vento raccoglierà tempesta”: con questo terribile assioma, Osea stigmatizza l’idolatria di Israele e la falsa moralità che ne consegue, preannunziando la punizione che l’ira dell’Altissimo tiene in serbo. Sarà come “tornare in Egitto” a una condizione di schiavitù. E’ la sorte dei tanti “cristiani da salotto”, i quali conoscono a perfezione la parola di Gesù, ma poi vivono come se fossero dei “senza Dio”. Diventano succubi del peccato, trasformandolo in divinità. Creano false religioni, dentro le quali vogliono attirare anche i fratelli. Quante divinità dobbiamo distruggere per ritrovare il vero Dio? Ricordiamo le parole: “io sono il Signore tuo Dio, non avrai altri dei all’infuori di me?”. Oppure prendiamo dal vero Signore quello che ci piace e dalle altre divinità quello che vogliamo, per costruirci il “Dio fai da te” che risponde a tutti i nostri bisogni?
L’instancabile attività di Gesù in favore dei bisognosi trova incomprensioni e calunnie. Non è di “detrattori” che la Chiesa ha bisogno, ma di “operai nella messe”, cioè di lavoratori totalmente disponibili per annunciare il Vangelo. La messa non appartiene agli operai, è del padrone, il quale passa a raccogliere il “buon lavoro” dei servi buoni e fedeli. L’invocazione del Maestro, è preceduta da un miracolo particolare: Gesù scaccia il demonio da un muto. Il gesto suscita stupore e ammirazione, ma anche invidia e gelosia. A tutti i costi “i giusti” cercano il “pelo nell’uovo”, per screditare l’opera del Signore. La vera sequela di Gesù sconfigge le dicerie con la potenza delle opere. In Gesù il desiderio della missione nasce dal vedere le folle “come pecore senza pastore”. L’espressione risale ai profeti e descrive le condizioni del popolo di Dio disperso, senza unità e senza guida. Cristo vuole essere annunciato dovunque perché desidera unire, togliere gli uomini dalla solitudine e dalla dispersione. L’immagine della messe, era usata per indicare il futuro regno messianico -che non sarebbe più stato il tempo dell’attesa e della preparazione-, ma della mietitura e della realizzazione. Ora il giorno è arrivato, tutto è pronto! La missione è urgente: è l’ora del raccolto! La missione dei discepoli, perciò, non è di portare la salvezza ma di annunciare la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. a cura di don Salvatore Lazzara