«Di tutte le cose conosciamo il prezzo, ma di nessuna il valore» (Nietzsche). Tutti sanno che Nostro Signore fu venduto per 30 denari, una somma considerevole per allora: ma in realtà sappiamo quanto vale veramente, per ogni singolo essere umano, il suo sacrificio?
È un atto di amore che non ha prezzo, cui è impossibile attribuire un valore, ma che si può capire meglio visitando la Terra Santa e i luoghi calcati da Gesù. Ho fatto questa esperienza con il mio padre spirituale e 40 eccezionali pellegrini che mi hanno aiutato enormemente in tutte le tappe del pellegrinaggio, facendosi carico di me, del mio corpo e della mia carrozzina, permettendomi di visitare tutti i luoghi, anche quelli più inaccessibili, compreso il Golgota e il Santo Sepolcro. Per salire al Calvario ho percorso lo stesso tragitto che fece san Giovanni Paolo II nel suo ultimo pellegrinaggio, quando era già malato e aveva difficoltà motorie. Mio padre e altri tre pellegrini mi hanno fatto salire con la sedia a rotelle lungo una scala ripidissima e così stretta che a mala pena si passava. In quel momento per la prima volta ha avuto davvero paura di cadere o di non riuscire ad arrivare in cima, invece – incredibilmente – mi sono trovata proprio di fronte al luogo dove Gesù venne crocifisso. Fissando quel punto, mi è parso di poter percepire un’infinitesima parte del dolore che Lui patì morendo, e mi sono chiesta che diritto potevo avere di non accettare la mia condizione.
Ciò che ho provato lì, di fronte al luogo del sacrificio di Gesù, ha conferito una nuova prospettiva alla mia esistenza, non solo come cristiana, ma anche come persona. Per la prima volta ho percepito veramente il sacrificio di Nostro Signore come qualcosa di individuale, che mi tocca da vicino. Lui è morto veramente per me, perché io potessi vivere. Ho colto la miseria del mio animo e ho avvertito il bisogno di confessarmi, ma l’anima bruciava ancora. Allora ho chiesto un segno tangibile del perdono, e incredibilmente l’ho ottenuto.
Il giorno successivo ero davanti al Santo Sepolcro a pregare, quando il sacerdote ortodosso che lo custodisce mi ha fatto entrare, insieme al prete nostro assistente: lui mi spingeva, io avanzavo dentro quella cavità che custodisce il mistero più grande. C’ero già stata il giorno prima, per pochi istanti, ma questa volta il sacerdote ortodosso ha bloccato la lunga coda in attesa di entrare lasciandomi sola, nel sepolcro vuoto, per lunghi minuti, lo sguardo fisso sull’immagine scolpita del volto di Gesù: solo allora, per la prima volta, sono stata davvero certa che stare sulla sedia a rotelle rappresenta per me il modo migliore di fare la volontà di Dio, dandomi la possibilità di ricevere una così evidente dimostrazione di amore. Sono certa che è grazie a Lui se ho incontrato persone speciali che, senza chiedere nulla in cambio, mi hanno aiutato a visitare i luoghi santi e a vivere esperienze straordinarie.
Ora ho capito che per poter ricambiare almeno in parte Gesù del suo sacrificio basta fare due cose semplici e difficili allo stesso tempo: accettare la Sua volontà e amarlo incondizionatamente, nonostante tutte le prove che la vita ci chiede di affrontare. Vivrò dunque questa Pasqua ringraziandolo dalla mia carrozzina, perché è veramente poca cosa in confronto a ciò che ha patito anche per me. E cercherò sempre di vedere non la mia sedia a rotelle ma l’abbraccio del quale Gesù mi avvolge ogni volta che mi ci siedo.
Fonte www.avvenire.it/Rita Coruzzi
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